Al via un nuovo anno scolastico che risente dell’impatto della crisi demografica. Rispetto a 7 anni fa, ci saranno quasi 71.000 bambini in meno in prima elementare. Gravi disuguaglianze di accesso alle offerte educative: solo 28 bambini su 100 tra 0 e 2 anni possono accedere ad asili e servizi per la prima infanzia, il 38,06% delle classi della scuola primaria è a tempo pieno, poco più della metà dei bambini ha il servizio mensa.
Save the Children presenta il Rapporto “Il Mondo in una classe. Un’indagine sul pluralismo culturale nelle scuole italiane”.
Un percorso a ostacoli ancora più complesso per gli oltre 800 mila studenti con background migratorio nel nostro sistema scolastico, 1 su 10 tra gli iscritti nelle scuole del Paese. Tra questi, il 25,4% è in ritardo con il proprio percorso di studio, contro l’8,1% dei coetanei (48% contro 16,3% alle superiori). Più del 40% degli studenti italiani, con o senza background migratorio, intervistati in 5 città, ritiene di poter ottenere un diploma di laurea, un master o un dottorato; chi ha un background migratorio e non ha la cittadinanza si ferma al 35,7%. A frenare le aspettative contribuiscono le condizioni socioeconomiche generalmente più svantaggiate. Per loro anche maggiori difficoltà a partecipare a gite scolastiche e scambi culturali all’estero, a competizioni sportive, e, successivamente, anche ad accedere all’Università o ai concorsi pubblici.
La ripresa dell’anno scolastico, il primo dalla fine ufficiale dell’emergenza sanitaria da Covid-19 annunciata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, non ha cancellato l’impoverimento educativo generato dalla pandemia sull’apprendimento e sul benessere psicologico delle studentesse e degli studenti, soprattutto tra i minori in svantaggio socioeconomico.
Se la pandemia ha rimesso al centro l’importanza degli investimenti sull’istruzione, dopo l’emergenza la percentuale di Pil investita dal nostro Paese in questo settore è tornata a scendere al 4,1%, contro una media europea del 4,8%, a cui si aggiunge la carenza di servizi come asili nido, mense e tempo pieno, che restano ancora appannaggio di pochi. La copertura nelle strutture educative 0-2 anni pubbliche e private nell’anno educativo 2021/2022 è pari a 28 posti disponibili per 100 bambini residenti, ancora ben al di sotto dell’obiettivo europeo del 33% entro il 2010 e molto lontano dal nuovo obiettivo stabilito a livello europeo del 45% entro il 2030. Secondo gli ultimi dati disponibili (a.s. 2021/2022) ancora solo il 38,06% delle classi della scuola primaria è a tempo pieno (sebbene in crescita rispetto a 5 anni prima, 32,4% nell’a.s. 2017/2018) e poco più della metà degli alunni della primaria frequenta la mensa scolastica (54,9%, contro 51% dell’a.s. 2017/2018).
Non sorprende che la dispersione scolastica in Italia sia superiore rispetto alla media europea (rispettivamente 11,5% e 9,6% nel 2022) e che l’8,7% di studenti si trovi in condizione di dispersione implicita (secondo i dati INVALSI del 2023), percentuale in diminuzione rispetto allo scorso anno, ma ancora più elevata rispetto a quella registrata prima della pandemia (era del 7,5% nel 2019). Le studentesse e gli studenti che si trovano in condizione di dispersione implicita sono studenti che, pur ottenendo il diploma di scuola superiore, non raggiungono i livelli di competenze richieste nelle prove di italiano, matematica e inglese, bensì mostrano livelli corrispondenti agli obiettivi formativi previsti per gli studenti di terza media.
Queste sono alcune evidenze emerse nel Rapporto “Il Mondo in una classe. Un’indagine sul pluralismo culturale nelle scuole italiane”, diffuso oggi da Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine e garantire loro un futuro – in vista della riapertura delle scuole: una fotografia delle diseguaglianze educative che compromettono i percorsi di crescita di bambine, bambini e adolescenti in Italia.
In Italia più di 800 mila bambine, bambini e adolescenti sono italiani di fatto, ma non di diritto. In base a una legge che risale a trent’anni fa, possono ottenere la cittadinanza italiana solo quando diventano maggiorenni e dopo un complesso iter burocratico. In una fase delicata come quella della crescita, non avere la cittadinanza italiana e sentirsi diversi rispetto ai compagni di classe ha ripercussioni sia pratiche – come la possibilità di partecipare alle gite scolastiche e alle attività sportive – che psicologiche, nella maturazione del senso di appartenenza alla comunità nella quale si vive. Tutto ciò può avere impatto negativo anche sui percorsi scolastici.
Per questo, Save the Children ha lanciato oggi una campagna per la cittadinanza. Con la petizione “Cittadinanza italiana per i bambini nati o cresciuti in Italia. È il momento di riconoscere i loro diritti!”, l’Organizzazione chiede al Parlamento italiano di riformare la legge sulla cittadinanza e consentire a bambine, bambini e adolescenti nati in Italia o arrivati nel nostro Paese da piccoli, figli di genitori regolarmente residenti, di diventare italiani prima del compimento della maggiore età.
Più volte il Parlamento ha affrontato la questione, senza però arrivare mai a un risultato. Save the Children, con questa campagna, chiede una riforma della legge sulla cittadinanza perché la domanda di appartenenza delle nuove generazioni alla comunità nazionale sia finalmente riconosciuta. L’opportunità di sviluppo dell’intero sistema Paese che una riforma sulla cittadinanza porta con sé è un’occasione che l’Italia non può perdere.
L’Organizzazione chiede, inoltre, al Governo italiano di sostenere l’inclusione delle studentesse e degli studenti con background migratorio nelle scuole, potenziando l’offerta educativa a loro dedicata, soprattutto nei territori dove la concentrazione degli stessi è più alta, attraverso servizi di mediazione culturale e la costruzione di percorsi che valorizzino il pluralismo linguistico e culturale nelle scuole. Il PNRR contempla diverse riforme e investimenti per rafforzare il sistema educativo, dedicando un’intera Missione (la n.4) al miglioramento qualitativo e quantitativo dei servizi di istruzione, dagli asili nido all’università. Un intervento che richiede necessariamente di prevedere un approccio attento anche ai bisogni specifici degli studenti con background migratorio per offrire a tutti i minori, a prescindere dalla propria origine, la possibilità di costruire il proprio futuro.
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