Draghi ha rassegnato le sue dimissioni al Quirinale. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si appresta allo scioglimento delle Camere. Se la crisi di Governo dovesse protrarsi in questa direzione e portare definitivamente alla caduta di Draghi, e, con Draghi, a quella del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, per la scuola significherebbe l’ennesimo cambio al timone, dopo il leghista Marco Bussetti (in carica da giugno 2018 a settembre 2019), la rapida parentesi di Lorenzo Fioramonti (da settembre a dicembre 2019) e la ex 5 Stelle Lucia Azzolina (da gennaio 2020 a febbraio 2021). Quattro ministri dell’Istruzione diversi in 4 anni. Una tendenza, peraltro, che perdura da molto tempo, se pensiamo che negli ultimi 12 anni abbiamo avuto 9 ministri dell’Istruzione: Maria Stella Gelmini, Francesco Profumo, Maria Chiara Carrozza, Stefania Giannini, Valeria Fedeli, e poi, come dicevamo, gli ultimi quattro, Bussetti, Fioramonti, Azzolina e Bianchi. La media, anche nel lungo periodo di una decade, si conferma grosso modo quella di un ministro all’anno.
Il punto è: come si può pensare di portare avanti il comparto scuola rivoluzionando continuamente le regole del gioco? Pensiamo anche solo al fronte dei concorsi. Non è ovvio che gli aspiranti docenti che si vedono modificati i bandi in corso finiscono per ricorrere alla vie legali producendo una impasse nel reclutamento? Per quanto riguarda il concorso ordinario 2020, ad esempio, gli insegnanti, dopo avere fatto domanda, si sono visti trasformare le modalità d’esame in un quiz a risposta multipla, un cambiamento peggiorativo, peraltro, visto il nozionismo dei quiz, che i docenti non hanno perdonato al ministro Bianchi (e al ministro Brunetta, da cui ha origine la “semplificazione” delle procedure concorsuali).
Ed è inevitabile, poi, che le altalene politiche finiscano per avere riverberi sugli apprendimenti degli alunni. Non è un caso che i lettori della Tecnica della Scuola, quando si interrogano sulle ragioni degli scarsi risultati dei propri alunni in fatto di competenze di analisi e comprensione di un testo, diano la colpa alle continue e pessime riforme della scuola.
Lo abbiamo rilevato in un sondaggio del maggio scorso: chi ha la colpa delle performance scadenti degli alunni? Se il 34,5% dei rispondenti, su una platea di 1.408 persone, ha accusato la società e il 30,2% la famiglia, attraverso le risposte aperte la maggior parte dei lettori della Tecnica della Scuola ha puntato il dito contro l’operato degli ultimi Governi, del ministero dell’Istruzione e della politica in generale. Le istituzioni responsabili della scuola sarebbero colpevoli soprattutto delle pessime riforme – secondo quanto espresso dai lettori – messe in campo più per tagliare fondi che per migliorare la didattica nelle scuole.
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