Crisi di governo. Troppa attenzione sull’attore, dimenticando…

Quando il Presidente del Consiglio Renzi ha annunciato le sue dimissioni, molti miei colleghi hanno esultato! Comprendo il momento emotivo, dovuto alla gestazione non partecipata della Legge 107/15 e alla  sua gestione inadeguata da parte del trio  Renzi-Giannini-Faraone. Essi sono riusciti come ha dichiarato  il Premier a far arrabbiare gli insegnanti, pur investendo tre miliardi sulla scuola. Altri sono i fatti che hanno fatto esultare gli insegnanti:  l’irrispettosa e poca dignitosa offerta pre-contrattuale degli 85 euro contenuta nell’Intesa  tra Governo e sindacati ( 30 novembre ) che precede sette anni di “deserto contrattuale” e altro ancora.

Comunque l’esultanza pur giustificata, è un film già visto! Ricordo la stessa reazione, quando Berlusconi si dimise (novembre 2011 ). Tutti dichiararono che il peggio ormai era alle spalle! Poi sappiamo tutti come finì con il governo Monti che confermò tutte le disposizioni sulla scuola di Berlusconi, aggiungendone di altri dello stesso tenore.  Medesimo comportamento hanno avuto i governi Letta e poi Renzi.

Quali i motivi della continuità di una politica delle destre confermata  dalla sinistra ( prima esternamente e poi direttamente )? La risposta è semplice: la sceneggiatura! Questa caratterizza profondamente un’opera teatrale o un film. L’attore ha il solo compito di tradurre questa sceneggiatura in un prodotto interessante, emozionante per lo spettatore.  In alcuni casi la sua bravura risiede anche nel nascondere la bassa qualità del copione,  abbagliando con la sua prestazione lo spettatore. Soprattutto l’ultimo aspetto  vale per la politica, esautorata e condizionata dal verbo economico. La sua declinazione si chiama “finanzcapitalismo” ( L. Gallino ) che si pone l’obiettivo di ridurre i diritti sociali  e di contro aumentare i doveri,  di colonizzare il pensiero e il linguaggio delle persone con le sue categorie dove tutto è misurato in relazione alla sua utilità, di ridurre le persone a monadi e di decretare la “morte dell’Io”, sanzionando l’individuo come un semplice fascio di sensazioni ( D. Hume ).

Questo è il copione nel quale si muove il nostro Paese  ( e non solo ). Quindi qualunque sia l’attore ( Malpezzi, Puglisi… ) chiamato a rappresentare questa trama, il risultato non cambierà! Solo cambiando democraticamente questa sceneggiatura, proponendone un’altra di segno opposto si potrà sperare in un “cambiaverso” sostanziale. Diversamente si rischia di ripetere più volte il copione dell’esultanza, seguita subito dopo dal contraccolpo della delusione. E questo finché non subentrerà un’apatia totale, preambolo del NULLA!

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