L’attuale emergenza sanitaria in Libano ha causato meno decessi rispetto a quella economico-finanziaria degli ultimi anni. La svalutazione della Lira, valuta locale, la corsa alle banche per accumulare moneta estera ha bloccato l’economia del paese, limitando al massimo gli investimenti esteri; a ciò segue la liquidazione progressiva del potere d’acquisto, la chiusura e il fallimento di settori strategici e stabilimenti produttivi da questi dipendenti e la perdita conseguente di posti di lavoro.
Le famiglie che sono costrette a sopravvivere con un solo stipendio o peggio ancora a non averne uno stabile sono ridotte sul lastrico e cercano fortuna altrove o iniziano una vita all’insegna del dolore, dell’inadeguatezza e dell’assenza di prospettive per il futuro, specie per quei giovani interessati a dare una svolta a quel paese incatenato da crisi economico-finanziaria, dispute politiche e giochi di potere tra famiglie pretendenti.
Ad incrementare la dose sono le continue minacce belliche approntate da Israele nelle scorse settimane. Ciò crea tensione sociale: i bambini smettono di andare a scuola, già arresi nel costruire un futuro che sembra non possa appartenere loro, gli universitari fuggono all’estero presso università imparentate con quelle locali o rinunciano agli studi per provvedere ai bisogni economici delle famiglie.
Una ricerca delle Nazioni Unite pubblicata a gennaio ha mostrato che il 30% delle persone di età compresa tra 15 e 24 anni in Libano aveva abbandonato l’istruzione secondaria per problematiche legate al trasporto, ai costi e all’impossibilità di conciliarla con un impiego, anche se irregolare. Secondo il sondaggio, sempre più giovani saltano i pasti a scuola e non viene offerta loro assistenza sanitaria, dato che questa, almeno pubblicamente, soffre della carenza di investimenti.
La Banca Mondiale e il FMI hanno fatto presente, in alcuni rapporti, che il Libano ha subito il peggior tracollo a livello globale dal XIX secolo se comparato alle economie restanti del pianeta: l’emergenza sanitaria, la svalutazione della Lira, l’esplosione al porto di Beirut nel 2020 e le tensioni belliche con i paesi vicini, unite ad una classe politica assai corrotta e bellicosa. I dati delle Nazioni Unite e del governo locale mostrano anche un calo della spesa per l’istruzione e delle iscrizioni scolastiche per i bambini sotto i 15 anni, nonché un aumento del lavoro minorile.
Scioperi, bassi salari e malcontento degli insegnanti hanno bloccato più volte l’erogazione della didattica, divenuta a distanza per l’emergenza pandemica.
Molti giovani si stanno preparando per alcune professioni attraverso uno specifico programma sostenuto dall’UNICEF, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, che mira ad aiutare i giovani libanesi attraverso progetti concreti, che cercano di limitare l’effetto dell’aumento della disoccupazione e dei salari di circa 2 dollari al giorno per coloro che riescono a trovare lavoro.
“Una volta che un giovane abbandona la scuola all’età di 13, 14, 15 anni, è davvero difficile riportarlo a scuola, e così entra in un mercato del lavoro molto precario con una grave mancanza di istruzione e competenze”, ha dichiarato Alexandre Schein, responsabile della sezione giovanile dell’UNICEF in Libano.
“Le implicazioni sono che le competenze necessarie per ricostruire il Libano e farlo uscire dalla crisi non esisteranno nel Paese per via della fuga dei cervelli in atto”. Molti docenti di scuole e università hanno lasciato il lavoro o il paese, aderendo di fatto a un’accelerazione della fuga dei cervelli. I problemi sono legati alla più ampia crisi politica ed economica del Paese mai avuta sino ad ora, come ha affermato il ministro dell’Istruzione Abbas el-Halabi.
“I giovani libanesi stanno gradualmente perdendo fiducia nel continuare a vivere in Libano”, ha detto ai microfoni di Reuters. Costui ha anche aggiunto che “È vero che abbiamo assistito all’abbandono scolastico o all’abbandono o all’allontanamento dalle scuole. Ci sono tante famiglie che non considerano più importante l’istruzione, ma c’è anche un grande interesse da parte di alcuni libanesi, poiché questa è l’unica arma che possono dare ai loro bambini.”
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