Si costituiscono secondo la forma della Fondazione di partecipazione che comprende scuole, enti di formazione, imprese, università e centri di ricerca, enti locali. Gli ITS istituiti sono 65: 29 nell’area delle nuove tecnologie per il made in Italy; 12 nell’area della mobilità sostenibile; 8 nell’area dell’efficienza energetica; 7 nell’area delle tecnologie innovative per i beni e le attività culturali; 6 nell’area delle tecnologie della informazione e della comunicazione; 3 nell’area delle nuove tecnologie della vita.
In un articolo del Sole 24 Ore si scrive: “Nei primi due anni di didattica, accanto a fattori di eccellenza, sono emerse anche alcune criticità, possibili freni alla diffusione su larga scala dei super-diplomi: scarso coordinamento istituzionale, eccessiva burocrazia e poche certezze sulle risorse a disposizione.
Dietro a ogni ITS c’è una Fondazione, partecipata da scuole (130 istituti tecnici e professionali), imprese e associazioni (276), università e centri di ricerca (72), strutture accreditate per l’alta formazione (114). Per realizzare un corso per venti studenti – osservano da Confindustria – sono coinvolte decine di soggetti tra componenti del comitato di indirizzo e di quello scientifico.
Per evitare questo squilibrio sarebbe utile che a una fondazione corrispondessero più Its”. Positiva invece la norma contenuta nel dl Carrozza, convertito in legge giovedì scorso, che elimina il divieto di costituire non più di un ITS in ogni regione per la stessa area tecnologica”. A tal proposito il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi accenna al fatto che per gli ITS esiste l’ipotesi di assegnare i fondi in base ai loro risultati, con l’intento di destinare più fondi alla “valorizzazione delle eccellenze e alla dismissione dei carrozzoni”. Pertanto è possibile che in prossimo futuro gli ITS possano essere divisi in tre fasce (eccellenti, buoni, con criticità).
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