Una semplice operazione, il cui risultato è palesemente errato, campeggia a tutta pagina sulla copertina di Der Spiegel della settimana scorsa.
Il settimanale tedesco ha voluto così sottolineare la delusione e l’amarezza per gli ultimi risultati delle valutazioni OCESE-PISA che hanno relegato i quindicenni tedeschi al venticinquesimo posto nella classifica internazionale con 475 punti, contro i 500 dell’ultima rilevazione del 2018. Una piccola Waterloo tedesca che ha causato non pochi malumori a livello nazionale, considerato che il 30% degli alunni sottoposti a valutazione ha difficoltà a eseguire correttamente calcoli semplici: non sa, ad esempio, riconoscere se un’offerta speciale al supermercato è conveniente oppure no.
Il peggiore risultato da quando esiste PISA, in un Paese a lungo considerato – lamenta Der Spiegel – come la culla dell’ingegneria e della ginnastica mentale. Basta il periodo del Covid a spiegare questo crollo? Sì, ma solo in parte: se è vero che gli studenti avrebbero perduto, a causa della pandemia, l’equivalente di un anno di apprendimento in matematica, è altrettanto vero – continua il settimanale tedesco – che il lento ma inarrestabile declino è iniziato almeno dieci anni fa , prima ancora dell’arrivo massiccio di oltre un milione di migranti nel 2015. Quest’ultimo dato è comunque preso in esame dalla stampa tedesca che avanza alcune ipotesi sulla causa di questo graduale decadimento. Anzi, le cause: la difficoltà di integrazione dei figli degli immigrati e la mancanza di docenti qualificati. Su quest’ultimo punto avevamo già dedicato una riflessione qualche mese fa: in Germania gli stipendi sono bassi e dunque l’insegnamento non attrae i giovani laureati, chi può trovare di meglio lo fa. A fronte della difficoltà a reperire professori qualificati, le scuole tendono ad assumere docenti che abbiano almeno una certa esperienza in ambito scientifico (o artistico-letterario, musicale, a seconda del tipo di insegnamento richiesto) come è il caso, riportato dal Frankfurter Allgemeine Zeitung, di un giovane di origine greca specializzatosi in Germania in fotonica e optoelettronica e trasformatosi in professore di fisica.
Ma la vera ragione è, a nostro avviso, di ordine metodologico. Come spiegare altrimenti il fatto che nei primi sei posti della classifica OCSE-PISA troviamo Singapore, Macao, Taipei cinese, Hong Kong, Giappone e Repubblica di Corea? E che, per trovare Italia, Germania, Spagna e Francia dobbiamo spostarci dal venticinquesimo al trentesimo posto?
Secondo il premio Nobel per la Fisica, Giorgio Parisi – intervenuto alcuni mesi fa a un convegno all’Accademia dei Licei sul tema della disaffezione dei giovani italiani verso la matematica e le materie scientifiche in generale – il problema è che i ragazzi non toccano con mano, i docenti non usano applicazioni pratiche e legate a problemi reali nell’approccio alla matematica. Per il professore Parisi, i ragazzi devono provare in prima persona, perché in questo modo nasce una comprensione più profonda che verrà poi ricordata per il resto della vita.