CSPI e sindacati “scoprono” che la continuità didattica non equivale alla permanenza dello stesso docente sulla stessa classe.
“La continuità didattica – sostiene il CSPI – non si esprime nella sola permanenza del docente sullo stesso posto, ma nel progetto didattico complessivo della scuola e nel piano individualizzato che adotta il consiglio di classe”: l’affermazione è contenuta nel parere che il Consiglio ha formulato nei giorni scorsi sullo schema di decreto ministeriale che dovrà dare applicazione ad una disposizione del decreto legislativo 66/2017 sull’inclusione scolastica (una delle deleghe della legge 107).
Il decreto 66, infatti, prevede che, su richiesta della famiglia, il dirigente scolastico possa confermare il docente di sostegno sullo stesso posto occupato l’anno precedente.
Conferma che potrebbe anche non tenere conto del possesso del titolo di specializzazione del docente stesso.
Per intanto, comunque, il Consiglio superiore dell’istruzione ha sospeso il proprio parere in attesa che il Ministero spieghi in che modo si possa dare applicazione a quanto previsto dal decreto 66 senza violare le norme di legge in vigore in materia di graduatorie e soprattutto garantendo la presenza di docenti specializzati nelle classi con alunni disabili.
Per garantire la continuità, sostiene il CSPI, sarebbe invece necessario consolidare in organico di diritto i 30mila posti che oggi funzionano in deroga: con questa operazione sarebbe infatti possibile attribuire insegnanti a tempo indeterminato su tutti i posti di sostegno con evidenti benefici anche per gli alunni disabili.
Ancora più netto il giudizio negativo della Flc-Cgil che parla addirittura di provvedimento con “forti elementi di incostituzionalità” che “introduce pericolosi rischi di corruzione nella scuola statale”.
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