Con la ricostituzione delle “zone rosse” è pure rispuntata la didattica a distanza. Il sindacato CubScuola ha allora pensato di rendere noto una sorta di vademecum per i prof impegnati di nuovo fuori dalle loro aule.
Ecco i punti più salienti:
Le norme di riferimento per la didattica a distanza sono sostanzialmente quattro:
1. le Linee guida ministeriali per la Didattica digitale integrata, emanate ad agosto 2020;
2. le indicazioni ministeriali circa la tutela della privacy quando si adotta la DDI, pubblicate nel settembre 2020
3. il Piano scolastico per la Didattica digitale integrata (PSDDI) redatto da ogni istituzione scolastica adattando le linee guida ministeriali alla concreta situazione scolastica;
4. il Contratto collettivo nazionale integrativo, che il Cub definisce “vergognoso”, circa le modalità e i criteri in base ai quali erogare le prestazioni lavorative a distanza (CCNI-DDI) che accoglie e legittima quanto precedentemente disposto dall’amministrazione.
Le linee guida e il Piano scolastico per la Didattica digitale integrata sono quindi i documenti cui fare riferimento per capire come si organizza la DDI.
Il piano scolastico si adotta a inizio a.s. così:
• _il Dirigente scolastico presenta una sua proposta al Collegio Docenti;
• _il Collegio docenti discute e delibera;
• _il Consiglio di istituto ne dispone l’esecuzione con propria delibera che cura gli aspetti organizzativi.
Tuttavia, precisa CubScuola, il PSDDI é un atto amministrativo, pertanto ogni imprecisione nel suo iter formativo ne pregiudica l’efficacia e lo rende impugnabile.
Il Piano per la DDI deve contenere i criteri di organizzazione delle lezioni (orario, modi di frequenza, suddivisione tra didattica sincrona e asincrona).
Ogni scuola deve indicare i seguenti elementi nel proprio PSDDI:
• _analisi del fabbisogno,
• _obiettivi da perseguire,
• _strumenti da utilizzare,
• _orario e frequenza delle lezioni,
• _metodi e strumenti per la verifica degli apprendimenti,
• _metodi e forme per la valutazione degli allievi,
• _attività rivolte agli allievi con particolari bisogni formativi,
• _metodi e forme per i rapporti scuola-famiglia, per le riunioni degli Organi collegiali e le assemblee di classe e del personale,
• _regole per il rispetto della privacy, della sicurezza informatica e della salute sia in ambiente scolastico sia nel corso del collegamento telematico,
• _formazione del personale docente e del personale assistente tecnico.
Dall’analisi delle fonti indicate sopra emerge che “Tutti gli insegnanti sono tenuti al completo svolgimento del proprio orario settimanale di servizio che consiste in 25 ore per l’infanzia, 22 + 2 nella primaria, 18 nella secondaria;
per svolgere il servizio in DDI ci si deve sempre riferire al PSDDI che stabilisce: _la divisione dell’orario tra le attività didattiche in modo sincrono e quelle in modo asincrono.
Da questo punto di vista i limiti indicati nelle Linee guida ministeriali sono soltanto indicative riguardano il minimo da assicurare in forma sincrona, cioè:
◦ _infanzia –nessun limite ma la raccomandazione a “mantenere il contatto’’ con gli allievi;
◦ _primaria -almeno 15 ore settimanali con l’intero gruppo classe (dieci ore per le classi prime);
◦ _secondaria primo grado -almeno 15 ore settimanali con l’intero gruppo classe;
◦ _secondaria secondo grado –almeno 20 ore con l’intero gruppo classe.
Il Dirigente scolastico formula concretamente l’orario di servizio, che, sulla base dei criteri individuati dal Collegio docenti, predispone l’orario delle attività educative e didattiche con la quota oraria che ciascun docente dedica alla didattica digitale integrata. Tale orario deve assicurare adeguato spazio settimanale a tutte le discipline sia quando la DDI è complementare alla didattica in presenza, sia quando (zone rosse) diventa il solo strumento da usare per fare scuola.
Domande importanti
Le scuole sono comunque aperte. Tutti i docenti devono prestare servizio da scuola?
No! Si tratta di una pretesa avanzata da alcuni DS che, sfidando la logica delle disposizioni per l’emergenza, rappresenta un concreto pericolo. La presenza o meno a scuola va definita eorganizzata nel PSDDI di ogni scuola e si deve limitare alle effettive necessità. In questi casi sarà utile effettuare una turnazione tenendo conto di eventuali particolari necessità (gravidanze, figli piccoli, ecc…).
Quali differenze tra sincrono e asincrono?
Le attività educative e didattiche sincrone sono la sostanziale trasposizione in ambiente virtuale di quanto svolto normalmente in classe. Insegnante e allievi sono contemporaneamente presenti e condividono la stessa esperienza, la lezione è svolta nella forma di video lezione, con la possibilità di svolgere test scritti e orali, alla presenza e sotto la supervisione dell’insegnante.
Le attività asincrone prevedono l’uso di piattaforme e luoghi virtuali di condivisione, per consegnare agli studenti materiali di studio e approfondimento, compiti da svolgere, attività da riconsegnare. Il docente non è presente in contemporanea agli studente nell’aula virtuale, ma ne segue il percorso di apprendimento inviando feedback valutativi. Si tratta di attività senza vincoli orari e di luogo.
Come si completa l’orario di servizio con attività asincrone?
Innanzitutto occorre partire da quante ore sincrone sono state deliberate dal Collegio docenti perché queste possono essere diverse dai limiti indicati nelle linee guida. Le ore restanti, a completamento del proprio orario di servizio, con eventuali recuperi nel caso in cui siano state adottate unità orarie inferiori a 60 minuti, si devono svolgere in modalità asincrona come descritto sopra.
La questione se le attività asincrone, quali l’assegnazione compiti, correzione e preparazione della lezione, rientrino o meno tra le attività di insegnamento, non appare definita in termini contrattuali. In questo caso può intervenire l’autonomia delle istituzioni scolastiche che consente di specificare, nel PSDDI, quali attività considerare parte delle lezioni asincrone.
Il dirigente scolastico può cambiare l’organizzazione delle attività?
Il dirigente scolastico deve rispettare quanto deliberato dal Collegio docenti e quindi non può arbitrariamente ridefinire le ore destinate alle diverse attività ( sincrona o asincrona) modificando quanto contenuto nel PSDDI, a meno di situazioni eccezionali che lo obblighino ad intervenire urgentemente per cause eccezionali e imprevedibili. Il PSDDI può essere modificato solo dal Collegio dei docenti e dal Consiglio di Istituto che interverranno per le parti di loro competenza dando la necessaria informazione alla comunità scolastica.
Come comportarsi con gli allievi portatori di bisogni speciali?
Mentre non vi sono dubbi sul fatto che, nel caso di alunni ricoverati in ospedale o a casa per malattia o detenuti, si debba garantire l’istruzione attraverso la DAD, in tutti gli altri casi le linee guida ministeriali partono dal principio chea tali allievi si debba dare l’opportunitá di seguire in presenza. Aggiungendo poi che “L’eventuale coinvolgimento degli alunni in parola in attività di DDI complementare dovrà essere attentamente valutato, assieme alle famiglie, verificando che l’utilizzo degli strumenti tecnologici costituisca per essi un reale e concreto beneficio in termini di efficacia della didattica. Le decisioni assunte dovranno essere riportate nel PDP.”
La recentissima nota ministeriale 662 del 12 marzo 21, dopo aver chiarito che “la condizione dell’alunno con bisogni educativi speciali non comporta come automatismo la necessità di una didattica in presenza”, suggerisce che, qualora lo si ritenesse opportuno, si possa garantire la necessaria integrazione scolastica coinvolgendo nelle attività in presenza anche altri alunni appartenenti alla stessa sezione o gruppo classe.
La nota rappresenta quindi un suggerimento che le scuole potranno accogliere o meno dopo aver valutato le specifiche situazioni mentre non risolve nulla rispetto al come sia possibile obbligare un qualunque allievo a frequentare in presenza, violando così il principio di precauzione e le norme sul divieto di circolazione che vigono nelle zone rosse.
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