Educare significa preparare, aiutare a vivere. E vivere non è semplicemente esistere ma è lavoro, è lotta, è rinnovamento, progresso continuo; sicché un atteggiamento è veramente educativo nella misura in cui è sforzo, impegno finalizzato al rafforzamento delle capacità personali.
E questa è una concezione che invita la scuola a riflettere sulle proprie responsabilità.
Dopo decenni di una scuola dell’abbraccio facile, quasi completamente staccata dal concetto di cultura, incapace di rafforzare le competenze di base, di combattere il disimpegno, l’indifferenza e l’ ignoranza, di risolvere le fragilità e le criticità legate alle competenze di base, il Ministro Bussetti propone di risolvere la problematica educativa con insegnanti volontari.
Sembra questo un pensiero tra il serio e il faceto che rafforzerebbe l’aspetto deteriore della scuola italiana che fa di tutto per accrescere ed alimentare la provvisorietà, la povertà e l’insuccesso educativo.
Dopo le narcosi ideologiche di una illusoria cultura a go go per tutti, pare sempre più difficile convertire una mentalità educativa che da anni preferisce navigare nei bassi profili culturali.
La maggior parte dei giovani ebbri di una visione ludica della cultura, mai intesa come alimento e nutrimento della coscienza, si lasciano alle spalle l’onore e la fatica, continuano a consolidare, o per stanchezza o per viltà, impulsi polemici, atteggiamenti di rinuncia ed a contemplare il vuoto del disimpegno, delle banalità e dell’ indifferenza.
Si può dire che, nelle aule scolastiche, la fonte della cultura zampilla sempre meno e si riscontra una maggiore caduta d’interesse e di adesione al sapere e alla conoscenza.
La scuola è un bene comune e, proprio perché è un bene comune, non possiamo lasciarla andare alla deriva: dobbiamo curarla con grande amore, perché ne va del futuro della nostra società. Non possiamo consentire che venga delegittimata da provvedimenti estemporanei e adolescenti inquieti.
Dobbiamo, soprattutto, abbandonare il fatalismo, le pietose o disperate indulgenze e recuperare la logica del lievito culturale per combattere la pigrizia e sollecitare l’impegno a combattere la buona battaglia “per” e “con” lo studio, senza dimenticare che una scuola di qualità si promuove anche attraverso consistenti fondi finanziari.
Se oggi la cultura ci interroga ed è in crisi, iniziamo ad abolire le promozioni facili ed a fornire ai docenti adeguati strumenti di difesa sempre più frequenti in caso di valutazioni negative o non corrispondenti alle attese dei genitori.
L’insuccesso si può ridurre solo attraverso un impegno serio, totale e responsabile.
Fernando Mazzeo
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