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Cyberbullismo, due giovani su tre lo temono. Soprattutto a scuola

Il cyberbullismo sta diventando un fenomeno sempre più incidente e non controllabile dai ragazzi che lo subiscono. A confermarlo è stata una ricerca realizzata da Ipsos per Save the Children, che il 4 febbraio ha reso pubblici dei dati sui varrebbe la pena riflettere: il 72% degli adolescenti e giovanissimi italiani avverte il cyberbullismo come il fenomeno sociale più pericoloso del proprio tempo; inoltre, i social network risultano la modalità d`attacco preferita dal cyberbullo (61%), che di solito colpisce la vittima attraverso la diffusione di foto e immagini denigratorie (59%) o tramite la creazione di gruppi “contro” (57%).
Praticamente azzerate le distanze grazie alla tecnologia, i due terzi dei minori italiani riconoscono nel cyberbullismo la principale minaccia che aleggia sui banchi di scuola, nella propria cameretta, nel campo di calcio, di giorno come di notte. E percepiscono, soprattutto le ragazze, alcuni degli ultimi tragici fatti di cronaca molto (33%) o abbastanza (48%) connessi al fenomeno. Per tanti di loro, il bullismo via internet arriva a compromettere il rendimento scolastico (38%, che sale al 43% nel nord-ovest), erode la volontà di aggregazione della vittima (65%, con picchi del 70% nelle ragazzine tra i 12 e i 14 anni e al centro), e nei peggiori dei casi può comportare serie conseguenze psicologiche come la depressione (57%, percentuale che sale al 63% nelle ragazze tra i 15 e i 17 anni, mentre si abbassa al 51% nel nord-est). Più pericoloso tra le minacce tangibili della nostra era per il 72% dei ragazzi intervistati (percentuale che sale all`85% per i maschi tra i 12 e i 14 anni e al 77% nel sud e nelle isole), più della droga (55%), del pericolo di subire una molestia da un adulto (44%) o del rischio di contrarre una malattia sessualmente trasmissibile (24%).
Se per il 67% dei ragazzi italiani si può esser puntati durante la sosta in piazzetta, nel solito locale o in altri abituali luoghi di aggregazione, per l`80% dei minori intervistati la scuola rappresenta la residenza elettiva del bullismo nella vita reale, che trova rinforzo ed eco in quella virtuale attraverso un utilizzo pressoché costante di dispositivi di ultima generazione. Questa percentuale si innalza all`86% nei pre-adolescenti maschi.
I ragazzi trascorrono gran parte del loro tempo tra i banchi ed è lì che sperimentano una buona fetta della loro socialità. Il ruolo della scuola è di primaria importanza per valutare ed implementare interventi mirati contro il dilagare del cyber bullismo. L`insegnante per il suo stesso ruolo deve essere un’‘antenna’ pronta ad intercettare e leggere ciò che accade alle dinamiche relazionali della classe – afferma Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia – e, come tale, parte attiva insieme alla scuola nella costruzione di strategie preventive e di contrasto al fenomeno. I docenti però non vanno lasciati soli, il bullismo è un fenomeno complesso che spesso trae origine da un disagio profondo che riguarda il bullo e il gruppo, così come la vittima, e richiede dunque strategie in grado di cogliere e gestire questo disagio. Quindi, uscire da un`ottica di emergenza legata al singolo caso ed entrare in un`ottica di interventi strutturali a lungo termine è la strada da percorrere“.
Per il rappresentante di Save the Childre, solo “unendo le forze di aziende, istituzioni scolastiche e governative, e contando sul ruolo chiave della famiglia, si può lavorare assieme con l`obiettivo di sviluppare nei ragazzi e nelle ragazze le competenze emotive necessarie per costruire relazioni significative con gli altri“.
Sono diverse le modalità che i ragazzi raccontano di poter mettere in atto una volta individuata la vittima: si rubano e-mail, profili, o messaggi privati per poi renderli pubblici (48%), si inviano sms/mms/e-mail aggressivi e minacciosi ( 52%, lo fanno soprattutto le femmine preadolescenti, la cui percentuale raggiunge il 61%), vengono appositamente creati gruppi “contro” su un social network per prendere di mira qualcuno (57%), o ancora vengono diffuse foto e immagini denigratorie o intime senza il consenso della vittima (59%, con picchi del 68% nel nord est), o notizie false sull`interessato via sms/mms/mail (58%). La modalità d`attacco preferita dai giovani cyberbulli è la persecuzione della vittima attraverso il suo profilo su un social network (61%).
E per la maggior parte dei ragazzi (pari all`83%), gli episodi di bullismo “virtuali” sono molto più dolorosi di quelli reali per chi li subisce perché non ci sarebbero limiti a quello che si può dire e fare (73%), potrebbe avvenire continuamente e in ogni ora del giorno e della notte (57%) o non finire mai (55%). Per il 50% dei ragazzi la rete rende anonimi e quindi apparentemente non perseguibili e consente di falsare i protagonisti. La pericolosità del web inoltre deriva dal fatto che chiunque può avere accesso (32%), e i contenuti o le affermazioni fatte da altri sono più facilmente strumentalizzabili (34%).

Ed è l`isolamento è la conseguenza principale del cyber bullismo. Per il 67% degli intervistati, chi lo subisce si rifiuta di andare a scuola o fare sport, ma soprattutto è la dimensione della socialità a risentirne: il 65% afferma che le vittime non vogliono più uscire o vedere gli amici (con picchi de 70% al centro e tra le femmine dai 12 ai 14 anni), il 45% che si chiudono e non si confidano più (anche qui, per le femmine la percentuale sale al 47%). Anche effetti più gravi, che incidono sullo stato di prostrazione psicologica della vittima, sembrano essere ben percepiti dai ragazzi: secondo il 57% degli intervistati le vittime di cyber bullismo vanno in depressione, il 44% ha la percezione che potrebbero decidere di farsi del male o anche peggio (le percentuali diventano rispettivamente del 63 e del 50% secondo le femmine dai 15 ai 17 anni).
Sono stati testimoni di atti di cyber bullismo da parte di coetanei almeno 4 ragazzi intervistati su 10, ed il 5% ne parla addirittura come di una esperienza regolare e consueta. L`elevato e costante tasso di innovazione tecnologica lascia presupporre che in futuro la componente adulta del Paese si troverà sempre più di frequente a dover gestire questioni delicate e complesse per garantire la tutela dei minori online.
Fa riflettere poi un ultimo dato: quando si chiede ai ragazzi quali contromisure adottare per arginare il fenomeno, la maggior parte suggerisce attività di informazione, sensibilizzazione e prevenzione che prevedano il coinvolgimento ad ampio raggio di scuola, istituzioni, aziende e degli stessi genitori. Infatti nonostante più della metà delle mamme condivida foto, video e informazioni con i figli attraverso i social network e ne conoscano le credenziali d`accesso per monitorare la loro dimensione virtuale, il 41% dei ragazzi invoca maggiore vigilanza da parte dei genitori, ed è consapevole del ruolo e delle responsabilità in capo ai gestori delle piattaforme social in primis, cui si appella il 41% dei minori per l`adozione di contromisure, insieme ad un 24% che chiede l`intervento dei gestori telefonici.

Alessandro Giuliani

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