Potranno mai vincere la causa le scuole pubbliche di Seattle che hanno portato in tribunale i colossi della tecnologia proprietari di Facebook, Instagram, TikTok e altri importanti social? La notizia, diffusa in questi giorni dai maggiori quotidiani, è destinata a fare discutere. Davide ha sfidato Golia perché ritiene che l’abuso di social sia la causa di tutti i mali degli adolescenti: tristezza, angoscia, depressione, disturbi dell’alimentazione, chi più ne ha più ne metta, ultimo ma non ultimo per importanza il cyberbullismo. Le scuole di Seattle chiedono, in buona sostanza, di essere risarcite per tutto il denaro speso in psicologi, progetti e piani di formazione per contrastare l’invasività dei social media nella vita dei loro studenti, con tutti gli effetti nefasti succitati.
Non conosciamo i termini esatti della questione, potrebbe anche trattarsi di una provocazione per fare scoppiare un bubbone che esiste e che tutti noi conosciamo bene. Un problema che anche la scuola italiana ha affrontato e continua ad affrontare con grande serietà, preoccupazione e spiegamento di forze. Non crediamo, tuttavia, che adire le vie legali sia la soluzione, per il semplice motivo che i social continueranno a esistere e a modificarsi con il tempo e gli adolescenti di ogni generazione continueranno a servirsene e a trovarvi rifugio. Sì, proprio un rifugio, quando le condizioni ambientali rendono invivibile l’esistenza, quando un ragazzo o una ragazza in cerca di senso e di risposte non trova nessuno – o muri invalicabili di indifferenza – in famiglia, tra gli amici che vivono le stesse insicurezze, a scuola, dove talora un docente può essere distratto e non riconoscere uno stato di sofferenza.
Insomma, vogliamo dire che il tribunale non ci sembra la sede adatta per risolvere problemi di questi dimensioni, che investono intere generazioni di ragazzi. Oggi se ne parla, per fortuna, ma in tutte le epoche sono passati da scuola ragazzi tristi, inquieti, travagliati da mille problemi. In tutte le epoche ci sono stati ragazzi e ragazze vittime di bullismo e vessazioni di ogni genere da parte dei compagni.
C’è una soluzione? No, non definitiva almeno. Ma occorre che tutte le forze in campo collaborino per trovare risposte su misura che rispondano – o tentino di farlo – alle esigenze di ciascuno.
La famiglia, per prima. Quando questa non c’è, è la scuola che surroga e lo fa da sempre con passione e competenza. I social non si chiudono, semmai se ne ricostruisce il senso, facendo sì che si trasformino in veicoli di vera comunicazione, di vita sana e non di morte.
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