Su Il Mattino del 12 settembre 2017 è stata pubblicata un’intervista di Gigi Di Fiore ad Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, sul cyberbullismo e sull’aumento costante di richieste di intervento sulla Rete.
In particolare, il Garante ha evidenziato come i danni in rete non siano rimovibili: “Bisognerebbe far capire che il danno digitale è permanente, non si cancella e può raggiungere ogni parte del mondo. Purtroppo, è una consapevolezza che manca in gran parte degli utenti della Rete. Si può far rimuovere un post da un sito, ma prima che ciò avvenga c’è già stato un effetto moltiplicatore con riproduzioni, condivisioni, diffusioni in altri siti e su altri strumenti digitali”.
Video e frasi possono avere effetti psicologici devastanti, perché “Nel mondo virtuale cadono remore e vincoli psicologici. Si usa un linguaggio più violento, nell’illusione di vivere in un altro mondo fuori dalla realtà e che ci si possa proteggere dietro l’anonimato”.
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In merito alle sanzioni, Soro ha sottolineato che “I reati commessi on-line hanno lo stesso trattamento di quelli commessi off-line. L’interpretazione della fattispecie di volta in volta applicabile spetta al magistrato”. Purtroppo però la Rete è più veloce: “La Rete viaggia a velocità che le norme non riescono a sostenere. L’effetto moltiplicatore, legato alla tecnologia, non può essere seguito, nella sua velocità, da meccanismi penali che hanno i loro tempi”.
Allora, si chiede nell’intervista, bisogna arrendersi a uno strumento più forte di ogni possibile sanzione?
“Bisogna capire che spesso, nei casi di reati commessi on-line da minori in danno di altri minori, vittima e autore sono legati da una stessa fragilità e scarsa conoscenza dello strumento Rete. La legge sul cyberbullismo ha fatto i primi passi in avanti. È stato introdotto lo strumento dell’ammonimento, c’è una procedura specifica per ricorrere al Garante in tempi brevissimi”.
Come difendersi da tutto questo?
“Sono sempre più convinto che la prima arma, per evitare conseguenze drammatiche come quelle vissute dalla povera Tiziana Cantone, sia una maggiore educazione all’uso della Rete. Dovrebbe essere una nuova forma di educazione civica, che famiglie e scuola dovrebbero insegnare”.
Infine, un cenno ad Instagram, uno dei social più utilizzati dai giovani: “I gestori hanno inventato canali di permanenza a tempo, con intento positivo. Il rischio di essere al centro di offese però resta. In quel lasso di tempo, la violazione può ugualmente raggiungere milioni di persone. È per questo che bisogna investire sull’educazione all’uso responsabile della Rete, come pure prevede la legge sul cyberbullismo, sia pure in forme ancora da valorizzare”. E per farlo bisogna incominciare dalla prima elementare e in famiglia. “Il gestore di una strada è responsabile della manutenzione dei semafori, ma la famiglia deve educare i figli su come attraversare la strada per evitare rischi. Così dovrebbe essere anche in Rete”.
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