La Polizia postale col Moige, il movimento italiano genitori, ha presentato al Viminale un progetto che prevede i Giovani ambasciatori contro il bullismo e in particolare contro il cyberbullismo, con gruppi di cinque studenti più un professore per ognuna delle cento scuole superiori selezionate in tutta Italia.
Infatti, per l’82% non è grave insultare o aggredire verbalmente qualcuno sui social network, riducendo il tutto a una sorta di ‘gioco’; l’86% ritiene che non siano gravi le azioni condotte contro la vittima e il 71% dichiara che la vittima non ne porterà alcuna conseguenza. E se ne resterà colpita, la ‘colpa’ è sua, cioè della sua personalità debole e fragile.
Per il 68% non è grave pubblicare immagini non autorizzate della vittima e anche gli insulti sono ritenuti leciti perché si pensa che restino circoscritti alla ‘stretta cerchia’ di amici di chi li posta. Nel 76% dei casi, i comportamenti di cyberbullismo riguardano l’aspetto fisico, l’abbigliamento o i comportamenti del giovane preso di mira e bersaglio di insulti e ironie, accusato soprattutto di timidezza, di isolamento, di codardia o addirittura di seguire le regole senza trasgredire, atteggiamenti considerati come privi di coraggio.
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Roberto Sgalla, direttore delle specialità di Polizia, osserva che “non solo gli studenti ma anche i genitori tendono a minimizzare il problema, a ridurlo a un gioco, fino a quando non riguarda i loro figli. Giustamente, la legislazione italiana punta non solo sulla repressione ma soprattutto sulla prevenzione, anche se i risultati della prima sono subito evidenti mentre per misurare gli effetti della seconda occorre più tempo. Nel caso del bullismo e del cyberbullismo, prevenire vuole dire formare coinvolgendo le famiglie, le scuole, le istituzioni, i social network”.
Maria Rita Munizzi, presidente del Moige, sottolinea che “si attaccano più le identità che le opinioni, all’interno di un mondo che si ritiene a torto ‘virtuale’ e che è caratterizzato da grande superficialità e irresponsabilità. Per questo vogliamo coinvolgere direttamente i ragazzi per parlare ai ragazzi, come ambasciatori nelle loro stesse scuole, formati per essere a loro volta formatori degli studenti, dei docenti, dei genitori”.
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