Il Safer Internet Day ha di nuovo acceso in questi giorni i riflettori sul cyberbullismo, sui tanti aspetti della sicurezza in rete e sono stati in molti a lanciare moniti e messaggi al mondo educante. Tra le tante indagini svolte in questi ultimi mesi, che proprio a causa della pandemia hanno maggiormente aperto le porte alla rete e ai suoi tanti aspetti, ci sono i dati che emergono dalla ricerca di Generazioni Interconnesse e quella condotta dalla Fondazione Carolina, che aprono punti di vista importanti da condividere.
L’indagine è stata svolta da parte dei ricercatori di Fondazione Carolina nel mese di dicembre 2020, con l’obiettivo di esplorare le abitudini e le motivazioni d’uso di Tik Tok, ritenuta al momento l’applicazione social network più scaricata ed utilizzata dagli adolescenti. Sono stati coinvolti circa 900 ragazzi e ragazze di età compresa tra gli 11 e i 25 anni, equamente rappresentati per età. Il campione preso in considerazione prevedeva due gruppi, chi utilizza Tik Tok con un proprio profilo personale attivo e chi non lo utilizza. Il campione è equamente suddiviso tra utilizzatori (48,5%) e non utilizzatori (51,5%). Il report ha messo in luce le modalità di utilizzo, le motivazioni all’utilizzo, il rapporto con i genitori, l’influenza sociale e dei like, la tipologia dei contenuti ai quali i ragazzi sono esposti e la percezione del rischio.
Dalla fruizione di contenuti creati da altri, come video divertenti o video tutorial, il tema della fruizione passiva dei contenuti, commentano i ricercatori di Fondazione Carolina, richiama immediatamente la necessità, e quindi la mancanza, di formazione al pensiero critico. Interessante, come emerge dall’indagine, come sia alta la sovrastima dei non utilizzatori rispetto all’uso dell’app e come bisognerebbe interrogarsi su quanto le azioni educative e preventive siano supportate da dati e siano guidate da una reale conoscenza degli ambienti digitali da parte, per esempio di adulti, quali genitori, insegnanti. Inoltre, altro dato quasi inquietante emerso dalla ricerca della Fondazione, è che Tik Tok non promuove la condivisione: non si installa con l’obiettivo di stare con gli altri o per condividere le proprie esperienze o i propri vissuti. Si rileva anche l’assenza del dialogo con gli adulti, genitori in particolare, per cui per esempio non solo sono molti i minori di 14 anni con un profilo, che è da considerarsi ai margini della legalità, ma si configura anche l’assoluta assenza di figure di riferimento adulte.
I ricercatori pongono quindi una domanda: quale presenza educativa vivono i nostri figli, soprattutto minori di 14 anni, dal momento che permettiamo loro di accedere a luoghi a cui non dovrebbero avere accesso senza garantire loro un dialogo e un accompagnamento costante che li guidi e dia loro gli strumenti per poter vivere in modo evolutivo la loro vita digitale?
Dato sorprendente è anche quello secondo cui il ricevere molte visualizzazioni e like non sembra interessare i Tiktokers: sarebbe ovviamente un po’ limitante fermare qui la nostra riflessione e dare un giudizio affrettato, commentano ancora i ricercatori, la realtà dei Tiktokers sia un po’ diversa da come la si può vedere dall’esterno. Forse la sottostima dell’influenza sociale può essere un meccanismo di difesa per potersi svincolare da questa immagine stereotipata e giudicante. Inoltre, la ricerca prova a fare luce sugli aspetti situazionali e su come i ragazzi siano quotidianamente molto esposti a contenuti violenti e di esposizione provocante del proprio corpo: è evidente come la violenza entri nelle menti dei ragazzi più volte al giorno, in modo costante. Si osserva inoltre, come sembra esserci una bassa percezione del rischio da parte dei più giovani, dovuta alla sovrastima della propria capacità di gestire i pericoli, la tendenza a sottovalutare la possibilità che qualcosa di negativo accada proprio a loro, la curiosità di frequentare proprio quei luoghi che gli adulti ritengono pericolosi o poco adatti a loro.
I dati che emergono dalla ricerca, commissionata sulla quantità e la qualità delle ore passate in Rete dalle ragazze e dai ragazzi da parte di Generazioni Interconnesse, raccontano che 1 su 5 si definisce praticamente sempre connesso, 6 su 10 sono online dalle 5 alle 10 ore al giorno. Numeri raddoppiati rispetto allo scorso anno, complici anche i periodi passati a casa, lontano da scuola o da altre attività di socializzazione, durante la pandemia. Per il 59% gli episodi di cyberbullismo sono aumentanti.
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