Sulla scelta del Governo di scorporare la delega per la riscrittura del testo unico sulla scuola per tentare la strada parlamentare mancano ancora commenti e prese di posizione, forse perchè la rilevanza del tema non è ancora del tutto chiara.
Sul punto abbiamo raccolto l’opinione di Stefano d’Errico, segretario nazionale Unicobas, che, già poche ore dopo l’approvazione degli 8 decreti, aveva iniziato a parlare di un possibile sciopero di tutto il sindacalismo di base.
“Modificare il testo unico attraverso una legge anzichè mediante un decreto leglislativo è un fatto grave – esordisce d’Errico – procedendo per decreto il Governo non avrebbe avuto la possibilità di stravolgere più di tanto gli assi portanti del testo unico del 1994 (stato giuridico del personale e organi collegiali): procedendo per via legislativa il Governo avrà mano libera e potrà accentuare ancora di più la posizione impiegatizia dei docenti”
“Ed è proprio per questo – prosegue d’Errico – che i sindacati del comparto non hanno nulla da ridire su questo operazione, visto che sono stati proprio loro a voler confinare i docenti nella contrattazione di diritto privato”
Si spieghi meglio
“Non da oggi – chiarisce d’Errico – sosteniamo che i docenti italiani continueranno a rimanere ancora dentro la gabbia di una concezione impiegatizia della professione fino a quando la scuola non uscirà dalle pastoie del decreto 29 del 1993 sulla privatizzazione del rapporto di lavoro di pubblico impiego”.
“D’altra parte – aggiunge il segretario Unicobas – non ci convince per nulla il fatto che possa bastare la cancellazione della legge 107 e la presentazione di una legge di iniziativa popolare per poter cambiare direzione: ovviamente questo è il punto di partenza, ma da solo non basta. La scuola non può continuare ad essere considerata un servizio pubblico come gli altri, gli studenti non possono essere considerati utenti e i docenti non possono essere trattati come impiegati”.
Insomma ci vorrebbe una inversione a U …
“Esattamente – conclude Stefano d’Errico – per ottenere questo risultato bisogna cambiare le regole sulla rappresentanza sindacale che sono quanto di più antidemocratico si possa pensare. Oggi per sedere al tavolo delle trattative bisogna avere almeno un 5% di rappresentatività, calcolata come media fra deleghe sindacali e voti ottenuti alle elezioni per le RSU. Ma per avere più RSU bisognerebbe poter fare assemblee nelle scuole in modo da far conoscere proposte e programmi. Peccato che se non sei rapprentativo a livello nazionale non puoi fare assemblee nelle scuole.
Con le regole attuali non si possono fare liste nazionali in modo da raccogliere voti in tutte le scuole: si possono prendere voti solo a condizione di aver candidati in ciascuna scuola. E’ come se un piccolo partito potesse presentarsi alle elezioni poiitiche solo se avesse candidati in ciascun seggio elettorale.
Sembra un nonsense logico, ma è la realtà: è la legge voluta da Governo e sindacati del comparto a sostegno di logiche consociativa di cui ben conosciamo gli esiti”.