Le 69mila assunzioni previste dal decreto “La scuola riparte” sono certamente una delle misure più attese dal personale della scuola.
Per comprenderne l’effettiva portata bisogna però chiarire alcuni aspetti. In caso contrario c’è il rischio che si creino attese e speranze non del tutto giustificate.
Intanto va detto che il testo dell’articolo 15, quello dedicato appunto al personale della scuola, non stabilisce il numero delle assunzioni ma parla genericamente di “un piano triennale per l’assunzione a tempo indeterminato di personale docente, educativo e ATA, per gli anni 2014-2016, tenuto conto dei posti vacanti e disponibili in ciascun anno, delle relative cessazioni del predetto personale e degli effetti del processo di riforma previsto dall’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112”
Per saperne qualcosa di più bisogna andare a leggere la relazione tecnica, che però – è bene ricordarlo – non ha alcun valore normativa.
Sta di fatto, comunque, che nella relazione le assunzioni vengono così quantificate: 26.264 docenti normali, 1.608 docenti di sostegno, 13.400 ATA.
Per il sostegno è prevista una misura aggiuntiva: nell’arco del prossimo triennio tutti i posti funzionanti dovranno essere entrare nell’organico di diritto.L’operazione sarà graduale: nel 2014/2015 il 70% dei posti complessivi (90mila circa) sarà consolidato, nel 2015/16 si arriverà al 90% e nel 2016/2017 al 100%.
Le assunzioni, però, non saranno però automatiche perché, di anno in anno, dovranno essere espressamente autorizzate dal Consiglio dei Ministri. Non solo, ma la relazione tecnica dedica almeno una dozzina di pagine per una analisi puntigliosa dei costi che l’operazione determinerà. Tanto che la stessa norma contenuta nell’articolo 15 del provvedimento prevede che le assunzioni siano legate anche ad una apposita sessione negoziale che garantisca l’invarianza di spesa.
In altre parole le assunzioni saranno autorizzate solo se i sindacati saranno disposti ad accettare una revisione dei gradoni stipendiali, come peraltro era già avvenuto due anni fa. Il timore del Governo, infatti, è che la ricostruzione di carriera dei nuovi assunti determini costi aggiuntivi non facilmente controllabili e misurabili anticipatamente con precisione.
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