Il progetto di accogliere da 2 a 10 profughi nelle scuole superiori della provincia di Vicenza sta suscitando accese polemiche.
I progetto di cui parliamo consiste nell’ “affiancare” alcuni richiedenti asilo volontari in portineria, biblioteca, pulizie, piccole manutenzioni, e anche dell’inserimento in alcune classi, previa disponibilità del docente, per ascoltare le lezioni e partecipare direttamente accanto agli studenti regolarmente iscritti.
Lo scopo è di “migliorare la vita di tutti”, prevenire la prolungata inattività dei migranti e favorire l’accoglienza in attesa degli sviluppi della pratica di richiesta di protezione internazionale.
Il progetto è stato elaborato da alcuni docenti attivi nell’Associazione pacifista “Corpi civili di pace” e presentato nelle scuole superiori per ottenere l’approvazione da parte degli organi collegiali.
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A detta dei proponenti, si tratta di una partnership fra a Prefettura di Vicenza, Comune di Vicenza, Ufficio scolastico territoriale e regionale, sulla base delle linee guida del Ministero dell’Interno del 27/11/2014 per l’impiego di richiedenti asilo in attività di volontariato, in modo che si rendano utili per la comunità ospitante.
L’inserimento nelle scuole sarebbe la prima sperimentazione in Italia. Destinata però a sviluppare molte ed accese polemiche. Le maggiori perplessità riguardano l’inserimento di soggetti adulti in una comunità scolastica dove gli studenti sono in massima parte minorenni, e dove di norma nessuno può entrare se non è studente iscritto, genitore, o personale avente titolo.
Tanto per cominciare gli stessi soggetti indicati come partner del Protocollo cominciano a frenare. Leggiamo sul Giornale di Vicenza di oggi che il prefetto distingue fra lavori socialmente utili e l’inserimento in una scuola. Ci potrebbe stare, forse, la tinteggiatura quando non ci sono attività didattiche, ma non la presenza come “affiancamento” quando ci sono gli studenti. Sarebbe poco prudente, forse rischioso, e con forti dubbi di legittimità.
Sulla stessa linea la maggior parte dei dirigenti scolastici a cui è stato sottoposto il progetto, che mettono in conto le resistenze che arriverebbero dalle famiglie. Perplesso pure il sindaco di Vicenza, città che già occupa una piccola schiera di profughi in lavori socialmente utili. Il Comune però ha compiti istituzionali ben diversi dalla scuola.
Anche il dirigente dell’Ufficio scolastico territoriale frena sull’inserimento in classe, ricordando che la normativa vieta nelle classi la presenza di semplici uditori. Le scuole hanno il dovere di accogliere anche i clandestini minorenni, ma con una regolare domanda di iscrizione da parte della famiglia. Insomma la situazione è ben diversa fra accogliere ed integrare alunni in minore età e l’inserimento di adulti sconosciuti con un permesso di soggiorno provvisorio in attesa dell’espletamento delle procedure.
I sostenitori del progetto dicono invece che in classe i profughi ci potrebbero stare, come “testimoni di vicende personali” se chiamati dal docente della classe. Ma basta che un docente sia d’accordo? E gli studenti e le famiglie che ne dicono? Finora le maggiori preoccupazioni sono manifestate proprio dai genitori.
Chi ha proposto il progetto è molto fiducioso sulla possibilità di portare avanti un’operazione inedita e mai sperimentata prima in Italia. Staremo a vedere. Intanto manca una presa di posizione da parte dell’Ufficio scolastico regionale.
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