Un’altra spallata del ministro Gelmini verso le Ssis: stavolta è arrivata dalle pagine del quotidiano “Il Giornale” a cui il responsabile del Miur ha rilasciato un’intervista tutt’altro che diplomatica. Molti i punti toccati. Ad iniziare dalle difficoltà riscontrate per riformare il comparto scuola (“è l’istituzione più difficile da rinnovare. I suoi sindacati sono per la sua conservazione assoluta“) alla ferma volontà di introdurre la carriera professionale (“tutti devono avere un minimo garantito: ma poi la retribuzione deve crescere per merito, non per scatti prefissati”) e di eliminare gli sprechi nelle facoltà universitarie (“Ce ne sono parecchie che non hanno alcuna ragione d’essere: chiudendo le facoltà inutili si recuperano risorse per quelle necessarie“).
Ma a far discutere è stata soprattutto la decisa sottolineatura del ministro sulle Scuole di specializzazione per l’insegnamento secondario: scuole che per Gelmini sfornano da anni futuri insegnanti “inutili” che vanno a riempire la “fabbrica di disoccupati” già esistente e che “servono solo all’università per fare business“. Quindi “a breve” saranno sostituite “con un tirocinio nelle scuole” dalla durata di un anno. E così si andrà avanti per tutta questa fase transitoria, che dovrebbe concludersi nell’a.s. 2011-2012. In base alle ultime bozze dei progetti di legge cui si riferisce il ministro i criteri di accesso ai tirocini saranno gli stessi adottati negli ultimi anni per gli aspiranti Ssis: ad iniziare, quindi, dal numero programmato.
“Gli aspiranti insegnanti – ha detto ancora Gelmini – fanno le Ssis dopo la laurea e debbono in pratica ripetere esami già dati all’università. Sono inutili, insomma“. Anche perché “non è che chi le supera abbia la garanzia di un posto: ha solo la garanzia di mettersi in fila a graduatorie già stracolme. Le Ssis sono una fabbrica di nuovi precari“. Per il futuro il ministro annuncia che le formazione dei docenti sarà caratterizzata da “meno teoria, e quindi basta doppioni di esami dati all’università, e più pratica. A fare l’insegnante s’impara sul campo. Con un tirocinio nelle scuole“.
A ben vedere quella del ministro dell’Istruzione è una posizione assunta già all’indomani del suo arrivo a viale Trastevere: lo scorso settembre Gelmini, durante un question time alla Camera, ma anche due mesi prima durante un’audizione al Senato, aveva dichiarato la volontà di porre “fine al paradosso di corsi destinati a sboccare nel nulla“.
Pronta le replica dei diretti interessati. Ad iniziare dai docenti precari ancora senza abilitazione. Secondo una stima attendibile sarebbero non meno di 10 mila. “La maggior parte di noi – spiega Andrea Conti, del Movimento insegnanti da abilitare – insegna anche senza abilitazione da 4-5 anni, alcuni anche da 8 anni, e non credo proprio che dovremmo essere formati ancora sul campo. Ci siamo fatti le ‘ossa’ con le supplenze. Senza contare che molti hanno una formazione magistrale che secondo la circolare del 10 marzo ’97 dovrebbe essere un titolo di per sé già abilitante. Forse al ministero dell’Istruzione non si rendono conto che per fare un anno di tirocinio, al fine di conseguire l’abilitazione affiancandoci ai docenti di ruolo e più esperti, si tradurrebbe in un pericoloso passo all’indietro“.
“Diversi di noi ormai prendono supplenze annuali anche fino al 31 agosto, sono trentenni, hanno la famiglie ed il mutuo della casa da pagare. Lavorare gratis, come previsto dal ddl sul reclutamento per chi svolge l’anno di tirocinio, equivarrebbe piuttosto – conclude il docente precario del Mida – ad un anno professionalmente buttato e personalmente impossibile per continuare a vivere“.
Ancora più duro Marcello Pacifico, presidente dell’Associazione nazionale insegnanti ed educatori in formazione, secondo cui “l’anno di tirocinio per gestire la fase transitoria rappresenta addirittura un passo all’indietro rispetto ai corsi abilitanti annuali previsti nella legge dell’ex ministro Moratti. Con questo modello contenuto nella bozza Israel – ha detto il leader Anief – viene meno l’approfondimento disciplinare e si annulla la figura del supervisore che negli anni aveva acquisito esperienza sul campo: i nuovi docenti tutor verranno infatti selezionati direttamente dai presidi senza più una seria valutazione dei titoli“.
Pacifico è convinto che, alla luce di tutto questo, anche il nuovo modello formativo, incentrato sull’anno di tirocinio, non conterrebbe alcuna garanzia di assunzione per chi lo svolge: “Il progetto avallato dal ministro Gelmini – sostiene il presidente Anief – è gravemente sprovvisto di contenuti multidisciplinari supportati da strutture interfacoltà e da supervisori adeguati. Non garantisce nulla a chi uscirà dal percorso formativo: i migliaia di nuovi abilitati si andranno in pratica ad aggiungere ai 100.000 Ssisini già presenti e agli altri 200.000 precari storici: non sarebbe stato meglio – conclude Pacifico – sistemare prima questo esercito di abilitati e poi pensare ai nuovi?“.
La risposta a quest’ultima domanda l’ha data più volte l’on. Valentina Aprea: che ha sempre assicurato una quota delle assunzioni (il 50%) riservata ai precari già abilitati o vincitori di concorso. Rassicurazione cui però i precari, soprattutto quelli di vecchia data, non sembrano dare troppo credito.