Dal 27 al 29 settembre la città di Firenze ospita alla Fortezza da Basso Fiera Didacta Italia, la prima edizione italiana di Didacta International, il più importante appuntamento fieristico dedicato alla scuola che si tiene in Germania da 50 anni.
Sono 4.000 le docenti e i docenti iscritti ai 90 workshop in programma mentre gli espositori nazionali ed esteri sono 150 su un’area estesa di 25.000 mq.
La Fiera nasce con l’obiettivo di innovare la didattica, favorire il dibattito sul mondo dell’istruzione e creare un luogo di incontro tra le scuole e le aziende del settore. La manifestazione è rivolta in particolare a docenti, dirigenti scolastici, educatori, formatori oltre a professionisti e imprenditori del settore scuola e tecnologia.
Uno dei protagonisti di Didacta sarà sicuramente il professore Antonio Silvagni. Il docente, 50 anni, insegna lettere al liceo linguistico e lo scorso anno è stato candidato al Nobel Teacher Prize. Silvani è non vedente da 25 anni. Era il 1992 quando un glaucoma gli ha portato via la vista. “Ho dovuto farmi una nuova vita. All’inizio mia madre mi registrava tutti i testi sui quali dovevo studiare. Poi mia sorella per caso ha conosciuto all’università il professor Giuliano Artico, non vedente, che stava sviluppando ausili informatici per prendere appunti e memorizzare e anch’io ho scoperto il mondo dell’informatica […] ora faccio tutto con il computer. Anche i compiti in classe, così li posso correggere da solo, senza aspettare che mia moglie me li legga”.
Al liceo Da Vinci, dove insegna, è stato anche coordinatore e responsabile del progetto “Book in progress” ovvero libri interattivi multimediali e piattaforma digitale scolastica per consentire ai ragazzi di studiare al computer.
A La Tecnica della Scuola, Silvagni parla delle sue difficoltà da docente non vedente nell’approccio all’insegnamento e in generale dell’attualità scolastica.
Quali difficoltà ha dovuto affrontare nella sua posizione di docente non vedente?
Sono state difficoltà variabili e crescenti che hanno seguito l’evoluzione della scuola e della didattica. Se all’inizio carriera la difficoltà pressoché unica era legata ai libri di testo che andavano scansionati con programmi di riconoscimento ottico dei caratteri per renderli fruibili alla sintesi vocale, nel corso degli anni si sono aggiunte la difficoltà (e quasi sempre l’impossibilità) di fruire delle piattaforme digitali che i vari editori mettevano a disposizione per integrare i testi cartacei;ultimamente molti registri elettronici e addirittura la mail istituzionale del Ministero risultano molto difficili da gestire in completa autonomia, come pure alcuni programmi per la creazione di lezioni multimediali oggi assolutamente indispensabili.
Qual è il suo rapporto con i colleghi e i docenti
È un rapporto molto costruttivo che in alcuni casi posso definire di amicizia. Ho sempre trovato grande disponibilità nell’aiutarmi ogni giorno sia nelle questioni didattiche, sia in piccole necessità. Sono particolarmente grato a tutti i miei colleghi perché mi assistono volentieri nella sorveglianza durante le prove scritte garantendone la validità. Anche il personale A.T.A. è molto disponibile a cercare insieme soluzioni concrete a tutte le esigenze,grandi e piccole,che mi trovo ad affrontare.
Quanto sono importanti le tecnologie per la didattica?
Direi molto, ma per un certo periodo e forse anche oggi si è rischiato di confondere il mezzo con il fine. La tecnologia in classe può risultare utile per avvicinarsi alle modalità di apprendimento e agli stili degli studenti, per metterli a contatto con una conoscenza diffusa che può veramente essere personalizzata, ma richiede una rivoluzione copernicana nelle metodologie didattiche con il necessario affiancamento alla lezione frontale di nuovi approcci quali la flipped classroom, lo spaced learning, gli episodi di apprendimento situato. Senza questo cambio paradigmatico la tecnologia in classe, a mio avviso,rischia di creare un turbinoso e rutilante carosello di brevi video, trailer, slides dove prevale il tentativo di catturare l’attenzione piuttosto che di attivare lo studente in processi di
apprendimento autonomi,critici e consapevoli.
Pensa che il Miur stia facendo tanto per la disabilità? Dove si può migliorare.
Premetto che posso parlare solo in base alla mia esperienza di disabile visivo, ma le mie considerazioni possono riguardare anche studenti dislessici che in sostanza utilizzano i medesimi supporti assistivi. L’Italia ha una legislazione molto avanzata per l’inclusione degli studenti disabili, processo che però talvolta viene rallentato dalla frammentazione delle competenze a livello regionale e provinciale. È evidente che questo rallentamento non è di pertinenza o imputabile al MIUR, ma richiede un intervento armonizzatore da parte del legislatore. Tuttavia il MIUR oltre a sensibilizzare sul tema della disabilità, potrebbe agire con maggior incisività presso gli Editori sia obbligandoli ad armonizzare e rendere accessibili le piattaforme di supporto multimediale, obbligandoli a rispettare la legge 4 del 9 Gennaio 2004, conosciuta come “legge Stanca”; in pratica gli Editori dovrebbero fornire allo stesso costo del libro di testo i formati elettronici resi accessibili. Se solo si riuscisse a fare questo, si libererebbero moltissime risorse, sopratutto in termini di tempo speso ad adattare i libri da parte dei docenti disabili o da parte degli insegnanti di sostegno; tutte risorse che potrebbero essere impiegate con maggior profitto verso gli studenti.
Se fosse ministro dell’Istruzione quali sarebbero le prime tre misure che farebbe?
È una domanda che credo sarebbe piaciuta a Cecco Angiolieri e come Cecco cerco di rispondere, mescolando cose serie ad altre meno serie.
S’ ‘i fossi Ministro…porrei grande attenzione a cercare di scoprire con campagne di valutazione sistematica nelle scuole italiane i bambini e ragazzi ad alto potenziale cognitivo. Con le loro Associazioni di genitori, insegnanti e psicologi esperti in questo settore cercherei di creare linee guida per gli insegnanti molto pratiche così che questi bambini,che generalmente sono misconosciuti, possano esprimere appieno le loro potenzialità e svilupparle armonicamente all’interno delle proprie classi. Mi sembra questa la priorità per un Paese che non voglia sparire sul piano intellettuale e scientifico. Un cavo di fibra ottica è utile, ma lo sanno posare tutti i Paesi; un ragazzo ad alto potenziale valutato e valorizzato in tempo può divenire quell’elemento imprevedibile che può cambiare la Storia,senza contare il benessere emotivo suo e che può portare agli altri.
S’ fossi Ministro… prima formerei gli insegnanti sull’uso della tecnologia applicata alla didattica e sulle metodologie che ne prevedono l’uso, poi mi preoccuperei della tecnologia. Mi pare che fino ad ora talvolta il processo sia stato invertito anche con grande dispendio.
S’ i’ fossi Ministro….torrei Docenti giovani e parati…i vecchi e stanchi lasserei a Boeri…
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