Tre precari potranno, dunque, diventare presidi, senza aspettare l’immissione in ruolo da docenti.
Per i giudici di Palazzo Spada appare infatti infondata, a una prima delibazione, la tesi sostenuta dall’avvocatura dello Stato a dispetto delle argomentazioni convincenti del Tar Lazio che – applicando il principio di non discriminazione sotteso alla direttiva comunitaria 1999/70 sui contratti a termine – aveva disapplicato la normativa italiana e ammesso i docenti precari alle prove concorsuali per diventare dirigenti scolastici Ora tre di essi, difesi in appello dagli avvocati S. Galleano e V. De Michele dell’Anief, possono finalmente invocare l’assunzione nei ruoli della dirigenza della scuola.
Dunque il principio di non discriminazione, come formato dalla giurisprudenza europea in applicazione della direttiva comunitaria 1999/70/CE per la parità di trattamento garantita dalla Suprema Corte di Lussemburgo tra personale a tempo determinato e indeterminato, si applica anche ai concorsi riservati ai dipendenti pubblici in Italia.
Per Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario Confedir, quella del Consiglio di Stato “è una sentenza storica che riconosce finalmente anche nel pubblico impiego, in materia concorsuale, di fronte a chiare quante illegittime leggi dello Stato, la primazia del diritto comunitario sulla legislazione nazionale”.
“In nome di tale principio- continua Pacifico – il sindacato ha promosso ricorsi al giudice del lavoro per far restituire gli scatti di anzianità per i periodi di precariato, far riconoscere per intero tutto il servizio preruolo nella ricostruzione di carriera e far recuperare il primo gradone stipendiale tolto ai neoassunti dal 2011”. Da precari a presidi. Adesso è una realtà sancita per legge.
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