Sul Corriere della Sera c’è ampio spazio per il problema legato all’accompagnamento e alla ripresa dei più piccoli dalle lezioni.
Se da un lato è vero che, almeno fino alle scuole primarie, appare opportuno che un bambino venga accompagnato e ripreso da scuola da un adulto, la cosa non è invece poi così scontata quando i ragazzini arrivano alle scuole medie.
Non sempre ciò deve essere letto in senso negativo, come una mancanza dei genitori dal proprio ruolo di vigilanza ed educativo, ma anche come un desiderio di crescita e di responsabilizzazione dei propri figli.
Nelle circolari che in questi giorni vengono distribuite in diverse scuole italiane, i presidi sottolineano che “l’orientamento costante della giurisprudenza negli ultimi 20 anni esclude ogni azione diretta a richiedere ai genitori, o ad accettare da essi, l’autorizzazione al rientro a casa degli alunni da soli o non accompagnati da soggetto maggiorenne”.
Dunque si esce da scuola solo con mamma e papà. Fino a 14 anni. Vietato tornare a casa da soli. Vietato scappare al suono della campanella e farsi due passi con i compagni di classe. A meno che la prof non veda i volti conosciuti di genitori, nonni, baby-sitter e non certifichi, documenti d’identità alla mano, che sono gli unici autorizzati a prendere in consegna gli studenti.
Dalla Lombardia alla Sicilia, decine di presidi hanno comunicato alle famiglie che da quest’anno i quasi adolescenti non potranno uscire da scuola da soli. Questo perché, si legge nella circolare identica in molti istituti, “nel codice penale è specificato che per i minori di 14 anni è prevista una presunzione assoluta di incapacità” e quindi, “chiunque abbandona una persona minore di anni 14 della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni”. In altre parole: se un prof lascia uscire da solo un 12enne, rischia una denuncia per mancato controllo; se un genitore lascia che torni a casa senza di lui, rischia la denuncia per abbandono di minore.
Sull’istituzione scolastica persiste il dovere di vigilanza sugli alunni che ha inizio dal momento iniziale dell’affidamento e termina solo quando alla suddetta vigilanza si sostituisca quella dei genitori o di altri soggetti delegati (dai genitori) all’accompagnamento al termine delle lezioni o delle attività scolastiche.
Sia il dirigente scolastico, che gli insegnanti e i collaboratori hanno dei precisi obblighi. Il preside, ad esempio, ha dei precisi obblighi organizzativi relativi all’ amministrazione e al controllo dell’attività svolta degli operatori scolastici da cui deriva una sua precisa responsabilità per l’eventuale sinistro riportato dal minore a causa di carenze e pericoli.
Gli insegnanti sono tenuti all’accoglienza e alla vigilanza dei propri alunni e anche il personale scolastico è tenuto, tra gli altri obblighi, ad accogliere e sorvegliare gli alunni nei periodi immediatamente antecedenti e successivi all’orario delle lezioni e durante la ricreazione e il pasto nelle mense scolastiche.
Fino a 14 anni, l’alunno che non prende lo scuolabus, deve tornare a casa accompagnato dai genitori o da qualcuno da loro delegato. La scuola, infatti, ha il dovere di provvedere alla sorveglianza degli studenti minorenni fino a quando subentra (almeno potenzialmente) la vigilanza dei genitori, cioè all’uscita da scuola. La sorveglianza è comunque proporzionata all’età dei ragazzi ed è garantita da insegnanti e personale scolastico. In caso di trasporto con lo scuolabus, soprattutto per le elementari, la responsabilità cade sull’autista, chiamato ad attendere alla fermata l’arrivo di un genitore, per consegnare il ragazzino.
Questo principio di responsabilità da parte della scuola (anche per le medie) è stato ribadito da una sentenza della Cassazione (sentenza n. 21593/17), chiamata a esprimersi sul caso di un bambino toscano investito nel 2002 da un autobus di linea all’esterno della scuola.
La Suprema Corte ha stabilito che il fatto che l’incidente sia avvenuto fuori dal perimetro scolastico non esclude la responsabilità dell’istituto: far salire e scendere dai mezzi di trasporto gli alunni davanti all’istituto, è responsabilità del personale scolastico, anche se i mezzi dovessero essere in ritardo. E questa attività di vigilanza, come precisa la Cassazione, si protrae fino a quando i ragazzi non vengono presi in consegna dai genitori o da loro incaricati.
Non ci sono liberatorie che tengano. Nella maggior parte delle scuole, le famiglie firmano un documento che autorizza l’uscita autonoma da scuola dei figli e la libera di ogni responsabilità, ma non hanno alcun valore.
Per il pedagogista Daniele Novara, interpellato dal Corriere della Sera, questa “circolare è un’idea balzana dettata dalla paura, dalla mancanza di responsabilità pedagogica e dalla burocratizzazione della scuola”. In Italia solo il 30% dei ragazzini torna a casa da solo. Nel resto d’Europa si arriva al 90.
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