Gli studenti che si sono iscritti al prossimo anno scolastico saranno circa 10.000 in più rispetto a quelli attuali.
Lo scostamento è frutto degli assestamenti diversificati dei tre principali gradi scolastici: dal prossimo settembre nelle scuole si assisterà, infatti, ad un deciso incremento delle iscrizioni nella media inferiore, un aumento più lieve alla primaria e un chiaro decremento nella secondaria superiore. Le indicazioni sono state comunicate dai dirigenti del Ministero della pubblica istruzione ai sindacati durante un incontro di fine gennaio per la definizione del decreto interministeriale, da emanare assieme al Ministero dell’economia e delle finanze, sugli organici del personale docente.
Lo scostamento è frutto degli assestamenti diversificati dei tre principali gradi scolastici: dal prossimo settembre nelle scuole si assisterà, infatti, ad un deciso incremento delle iscrizioni nella media inferiore, un aumento più lieve alla primaria e un chiaro decremento nella secondaria superiore. Le indicazioni sono state comunicate dai dirigenti del Ministero della pubblica istruzione ai sindacati durante un incontro di fine gennaio per la definizione del decreto interministeriale, da emanare assieme al Ministero dell’economia e delle finanze, sugli organici del personale docente.
I dati emessi da viale Trastevere sono ufficiosi, ma sufficientemente indicativi: alla secondaria di primo grado, dove quest’anno sono iscritti 1.615.266 alunni, vi sarà un’impennata di frequentanti, con un aumento di circa 20.000 unità.
L’incremento è per buona parte conseguente alla norma sull’accesso anticipato nella primaria introdotta nel 2003 dall’ex ministro Moratti, che permise l’ingresso nella scuola elementare anche a bimbi con età inferiore a quella canonica. Oggi, cinque anni dopo, quei bimbi giunti in anticipo in prima elementare (quella che una volta si chiamava ‘primina’) si apprestano a passare nella scuola media.
L’incremento è per buona parte conseguente alla norma sull’accesso anticipato nella primaria introdotta nel 2003 dall’ex ministro Moratti, che permise l’ingresso nella scuola elementare anche a bimbi con età inferiore a quella canonica. Oggi, cinque anni dopo, quei bimbi giunti in anticipo in prima elementare (quella che una volta si chiamava ‘primina’) si apprestano a passare nella scuola media.
Anche alle elementari, dove oggi sono iscritti 2.566.436 alunni, a settembre il numero di alunni subirà un aumento, anche se decisamente più ridotto: circa 2.000 unità. In controtendenza le superiori: rispetto agli attuali 2.598.720 studenti regolarmente iscritti, dal prossimo settembre ve ne dovrebbero essere circa 12.000 in meno.
Escludendo le scuole d’infanzia, rispetto alle quali non sono state diramate indicazioni, il computo totale sembra quindi indicare un deciso innalzamento, corrispondente a circa 10.000 rispetto a quelle dell’anno in corso (che sommando elementari, medie e superiori corrispondono a 6.780.422 iscritti).
L’innalzamento non farà comunque cambiare idea al Ministero della pubblica istruzione, fortemente intenzionato a tagliare da settembre 10.000 cattedre (soprattutto nella scuola primaria e secondaria di secondo grado) e 1.000 posti di personale Ata: la volontà, che riguarda anche i due successivi anni scolastici per un totale di 30.000 posti da annullare, vengono del resto reputate necessarie per calmierare le spese. E’ una politica (per i sindacati ‘miope’) che prende corpo anche a seguito dei calcoli realizzati dal ministero dell’Economia e tradotti in legge attraverso l’ultima Finanziaria, nella quale sono stati puntualmente inseriti tutti i passaggi per arrivare al decremento di posti.
I freddi numeri del resto danno ragione ai due dicasteri: il comparto scuola italiano è un settore che ad oggi presenta i costi tra i più alti a livello mondiale. Nella scuola primaria italiana sono presenti 9,3 docenti ogni 100 studenti, mentre nei Paesi Ocse il 5,9; stesso discorso alle medie inferiori (9,7 Italia contro 7,3 area Ocse) ed alle superiori (8,7 in Italia, contro il 7,9 Ocse e addirittura il 6,2 della Finlandia).
All’alto numero di insegnanti, peraltro, non corrisponde nemmeno un altrettanto elevato apprendimento degli alunni: il Rapporto Pisa-Ocse di fine 2007 indica che se le competenze raggiunte dagli alunni delle elementari è più che sufficiente, lo stesso non si può dire per la secondaria (sia inferiore che superiore) dove praticamente in tutte le prove (lingua, matematica e scienze) l’Italia perde posizioni collocandosi dietro alla maggior parte dei Paesi avanzati e non solo. A questo va aggiunto un altro dato significativo: nel 2006 un giovane italiano su cinque tra i 18 e i 24 anni era ancora sprovvisto di diploma di maturità.
A fronte di tutto ciò i governanti, dell’istruzione e delle casse dello Stato, sono giunti alla conclusione che gli attuali 720.000 insegnanti con contratto a tempo indeterminato e gli almeno 130.000 annuali sono veramente troppi. Certo i sindacati non saranno contenti: mai come nei prossimi anni ci sarà possibilità che si formino prime classi, soprattutto alle superiori, con oltre 30-32 alunni. L’ordine del resto è preciso: classi ridotte non si possono allestire.
Escludendo le scuole d’infanzia, rispetto alle quali non sono state diramate indicazioni, il computo totale sembra quindi indicare un deciso innalzamento, corrispondente a circa 10.000 rispetto a quelle dell’anno in corso (che sommando elementari, medie e superiori corrispondono a 6.780.422 iscritti).
L’innalzamento non farà comunque cambiare idea al Ministero della pubblica istruzione, fortemente intenzionato a tagliare da settembre 10.000 cattedre (soprattutto nella scuola primaria e secondaria di secondo grado) e 1.000 posti di personale Ata: la volontà, che riguarda anche i due successivi anni scolastici per un totale di 30.000 posti da annullare, vengono del resto reputate necessarie per calmierare le spese. E’ una politica (per i sindacati ‘miope’) che prende corpo anche a seguito dei calcoli realizzati dal ministero dell’Economia e tradotti in legge attraverso l’ultima Finanziaria, nella quale sono stati puntualmente inseriti tutti i passaggi per arrivare al decremento di posti.
I freddi numeri del resto danno ragione ai due dicasteri: il comparto scuola italiano è un settore che ad oggi presenta i costi tra i più alti a livello mondiale. Nella scuola primaria italiana sono presenti 9,3 docenti ogni 100 studenti, mentre nei Paesi Ocse il 5,9; stesso discorso alle medie inferiori (9,7 Italia contro 7,3 area Ocse) ed alle superiori (8,7 in Italia, contro il 7,9 Ocse e addirittura il 6,2 della Finlandia).
All’alto numero di insegnanti, peraltro, non corrisponde nemmeno un altrettanto elevato apprendimento degli alunni: il Rapporto Pisa-Ocse di fine 2007 indica che se le competenze raggiunte dagli alunni delle elementari è più che sufficiente, lo stesso non si può dire per la secondaria (sia inferiore che superiore) dove praticamente in tutte le prove (lingua, matematica e scienze) l’Italia perde posizioni collocandosi dietro alla maggior parte dei Paesi avanzati e non solo. A questo va aggiunto un altro dato significativo: nel 2006 un giovane italiano su cinque tra i 18 e i 24 anni era ancora sprovvisto di diploma di maturità.
A fronte di tutto ciò i governanti, dell’istruzione e delle casse dello Stato, sono giunti alla conclusione che gli attuali 720.000 insegnanti con contratto a tempo indeterminato e gli almeno 130.000 annuali sono veramente troppi. Certo i sindacati non saranno contenti: mai come nei prossimi anni ci sarà possibilità che si formino prime classi, soprattutto alle superiori, con oltre 30-32 alunni. L’ordine del resto è preciso: classi ridotte non si possono allestire.
Una domanda però viene spontanea: se il rendimento dei nostri alunni è scarso malgrado l’altissimo numero di docenti, come andranno in futuro le cose eliminandone alcune decine di migliaia ma lasciando sostanzialmente immutato tutto il resto dell’impianto istruzione?