In linea con gli altri periodi a cavallo tra la fine e l’inizio del nuovo anno scolastico, i tagli degli organici al Sud – frutto della riduzione del tasso di natalità e quindi delle iscrizioni alle scuole – cominciano a produrre i primi “mal di pancia”.
A protestare non sono solo i sindacati, ma anche istituzioni locali. Il leitmotiv è sempre lo stesso: le scuole si ritrovano con meno docenti, quindi rivolgono ai comuni, alle province e alle regioni.
E queste, a loro volta, chiedono spiegazioni all’amministrazione scolastica: prima tentano con quella periferica, locale e regionale, ma quando i dirigenti di tali organismi spiegano che la decisione è giunta dall’alto, ovvero direttamente da Viale Trastevere, allora le richieste di spiegazioni arrivano direttamente al Miur.
A fare pressioni alle istituzioni, inoltre, sono anche i tanti insegnanti meridionali assunti al Nord, molti dei quali attraverso l’algoritmo della Buona Scuola, che tentano, giustamente, in tutti i modi di avvicinarsi a casa. Ma il venire meno dei posti, sommato alla grande quantità di di richieste, riduce ulteriormente le possibilità che possano venire accolte.
Così, inizia il confronto, che volte porta qualche risultato, ma laddove il ministero non voglia “cedere” – anche perché complessivamente da settembre ci saranno 3.530 cattedre in più in organico di diritto, quasi tutte concentrate tuttavia al Centro-Nord – il dialogo con gli enti locali si può trasformare in uno scontro.
Quest’anno ad aver avviato l’iter è stata la Campania. Con una lettera del presidente della regione, Vincenzo De Luca, inviata al ministro dell’Istruzione Marco Bussetti: nella missiva si segnalano alcune delle criticità che potrebbero verificarsi in Campania con l’apertura del prossimo anno scolastico 2018/2019.
In particolare – fa sapere la stessa Regione campana – nella lettera è stata sottolineato il rischio della riduzione delle cattedre nell’ambito del riparto nazionale, relativo sia all’organico ‘di diritto’ che a quello ‘di fatto’.
Il ministro Bussetti, ha risposto confermando che “in base a criteri ben ponderati” in Campania è prevista una riduzione di 321 posti, con una compensazione parziale di un incremento di 149 docenti presso l’istruzione professionale.
La Regione, tuttavia, non si è detta soddisfatta delle spiegazioni. E ha contro-replicato che “a fronte del decremento di alunni in Campania è stato rappresentato al ministro di valutare la necessità di considerare l’attivazione del ‘tempo prolungato’ complementare all’iniziativa della Regione Campania che anche nel prossimo anno scolastico proseguirà con il progetto “Scuola Viva” (apertura fuori orario degli istituti scolastici nell’intero territorio regionale)”.
“L’esigenza primaria per la Campania – si legge ancora nella nota delle Regione – è di garantire il diritto allo studio considerando nei criteri anche l’importanza di non sguarnire la platea dei docenti impegnati nel loro fondamentale ruolo sociale e culturale”.
Per il governatore De Luca è “importante rilanciare le iniziative per non ridurre le cattedre, a cominciare dall’estensione del tempo pieno. Occorre proseguire in uno sforzo straordinario contro la dispersione scolastica, a cominciare da Scuola Viva.
Ma, è importante considerare nei criteri di riparto la condizione sociale reale, spesso drammatica nei nostri territori”.
Per il presidente della Regioni, quindi, la vicenda non è chiusa: nella sua battaglia per incrementare i posti “supporto anche dei gruppi parlamentari campani”. La nota riferisce, infine, che il ministro dell’Istruzione, illustrando i criteri che hanno portato al riparto, si è detto disponibile a ogni chiarimento”.
“Nei prossimi giorni – conclude la nota – ci saranno ulteriori contatti tra Regione e Ministero”. Dove, nel frattempo, arriveranno le istanze ufficiali, prodotte sempre da Regioni e non solo.
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