La scrittrice, poetessa e saggista Dacia Maraini, autrice de La lunga vita di Marianna Ucrìa, è da sempre vicina ai temi relativi alla cultura e all’istruzione. Proprio ieri, con un articolo a firma sua pubblicato su Il Corriere della Sera, la scrittrice Premio Strega ha ribadito il suo concetto di scuola, che a suo avviso non deve essere paragonata a un’azienda.
“Dispiace dovere sempre tornare sulla scuola ma se non si abbandona l’idea perversa che la scuola debba essere una azienda, non se ne esce. La scuola è un luogo di formazione. L’idea scellerata di trasformare un luogo etico in un luogo di produzione industriale non può che creare equivoci e ingiustizie. Ma l’aria che tira è quella”, ha esordito con amarezza.
Ecco un commento sulla figura del dirigente scolastico oggigiorno: “Non è un caso che il preside che si occupava di libri e di novità didattiche sia stato trasformato in un dirigente che si deve occupare di faccende amministrative. Ma mentre l’azienda deve investire per ottenere dei prodotti che metterà sul mercato recuperando i soldi spesi, la scuola non deve produrre nulla, ma creare il futuro cittadino, niente di più lontano da una industria che, quando non produce oggetti cari al mercato, è costretta a chiudere”.
“La scuola non produce ma forma e quindi gli investimenti avranno una finalità a lungo termine. E ciò vuol dire che se una scuola riduce il numero dei suoi allievi, non va chiusa, ma mantenuta per la salvezza di quel territorio. Non si può risparmiare sulla scuola. Ci vogliono più insegnanti, e pagati meglio, ci vogliono aule decenti, e soprattutto classi con pochi allievi, al massimo quindici”, ha aggiunto, tornando sul tema delle classi pollaio.
Secondo Maraini è la burocrazia a rovinare la scuola: “La scuola deve tornare alla sua funzione etica. E deve anche rendersi conto che i metodi di insegnamento sono cambiati. Mentre nella vecchia scuola si praticava un insegnamento verticale: da chi sa a chi non sa. Ora che l’accesso alle informazioni è a portata di tutti, l’insegnante deve creare un nuovo rapporto basato su una dialettica creativa. Io che vado spesso nelle scuole, mi accorgo che ovunque gli insegnanti si mettono in un rapporto complesso e conoscitivo con gli studenti, ovunque sollecitino creatività, ingegno, intelligenza, i ragazzi rispondono con entusiasmo. È la routine burocratica che ammazza gli ingegni e crea svogliatezza. Fra l’altro, mentre in famiglia si vive lontani da un concetto di democrazia per le troppe dinamiche emotive e psicologiche, la scuola è un magnifico luogo di pratica della democrazia, ovvero di un apprendimento fra pari”.
“Certamente ci sono e ci saranno sempre i bulli e i nullafacenti, i maleducati per carenze familiari, ma posso garantire, perché lo vivo tutti i giorni, che la scuola è molto meglio di quello che si racconta, per merito soprattutto di insegnanti intelligenti, preparati e generosi, che mettono in gioco se stessi e riescono a creare un vero e proficuo rapporto con i loro studenti”, ha concluso con un barlume di speranza, sottolineando ancora una volta quanto sia fondamentale il ruolo che ricoprono i docenti.
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