La didattica a distanza utilizzata per necessità durante l’emergenza sanitaria in corso è stata sicuramente strumento necessario per consentire il proseguimento della scuola ma è stata anche oggetto di forti critiche dagli addetti ai lavori e dagli studenti stessi.
In questi lunghi mesi di pandemia, uno dei temi più trattati dall’Opinione Pubblica è quello relativo all’utilizzo della didattica a distanza (DAD) rispetto alla scuola in presenza. Già dalla primavera scorsa, durante lo scorso anno scolastico, sono state effettuate diverse ricerche per monitorare la didattica a distanza e i sui benefici e/o disagi rispetto all’apprendimento degli studenti.
Prendiamo a titolo di esempio quelli della ricerca realizzata dall’Associazione Nazionale Presidi insieme al centro di Ricerca Dites, un team di ricerca del Dipartimento di Economia aziendale dell’Università Roma Tre, il Forum delle Associazioni Familiari e AIDR. Sono state raccolte 6821 risposte da Dirigenti scolastici, docenti, studenti e famiglie, mediante rilevazione online. I risultati parlano del 52% dei Dirigenti scolastici con difficoltà nel garantire l’assistenza agli studenti con disabilità, oltre il 38% ha segnalato un aumento consistente della percentuale di assenze e di partecipazione da parte degli studenti.
Segnalati numero casi (oltre il 41%) di studenti con problemi di connettività mentre in numero minore non era in possesso della stampante.
Problemi strutturali ce ne sono stati, inutile negarlo, e persistono ancora oggi. Ma è anche fuor di dubbio il lavoro più complesso che si sono dovuti sobbarcare gli insegnanti: quanto tempo in più sia necessario per organizzare la lezione da remoto che risulti degnamente inclusiva e coinvolgente, e lo sforzo fatto in formazione per adeguarsi e conoscere in tempi rapidi i nuovi strumenti digitali.
Tutto questo ha creato certamente un nuovo rapporto tra studenti e docenti, un riavvicinamento culturale proprio nel periodo di maggior distanza fisica. Il problema in comune (il covid), il fatto di doverlo affrontare insieme, il fatto di dover trovare insieme una nuova forma di didattica, lo scriversi anche fuori l’orario delle lezioni, l’aiutarsi per conoscere ed usare i nuovi strumenti dove in alcuni casi sono stati proprio gli studenti a fare da insegnanti, la voglia di tutti di voler tornare in presenza il prima possibile.
Per questo motivo non dobbiamo sottovalutare la protesta degli studenti che vogliono tornare a scuola. Non possiamo pensare che siano i soliti facinorosi che prima facevano sciopero e protestavano per impedire l’attività didattica ed oggi chiedono perfettamente il contrario, cioè di poter rifare la didattica in presenza.
Protestano perché hanno capito, più di tanti politici, che l’apprendimento non può essere considerato come una mera trasmissione del sapere, ma un processo ben più ampio che comprende anche la gestualità, il feedback continuo, l’espressività, la socialità, lo scambiarsi le idee e gli sguardi durante la lezione, la complicità e il lavorare insieme. Per questi motivi non deve meravigliare che siano proprio i “nativi digitali” a chiedere una didattica fisica e di certo daranno molta più importanza ai momenti di socialità quando torneranno ad essere consentiti.
Quando l’emergenza sanitaria sarà finalmente finita, si dovranno prendere percorsi diversi. La didattica tradizionale sarà ormai superata, la DAD da sola abbiamo visto che non può andar bene, per questo sarà necessario applicare metodologie didattiche innovative, come può essere per esempio la Flipped Leaning, l’insegnamento capovolto. Sempre nella stessa ricerca il 30% degli insegnanti ha dichiarato che la didattica a distanza ha modificato di molto il modo di insegnare e questo deve essere un prezioso tesoretto da non buttare via, un percorso da non chiudere.
Basta quindi al solo modello di apprendimento frontale, si ad un modello misto, in presenza, con l’utilizzo degli strumenti digitali sia in classe che a casa , con ribaltamenti del processo di apprendimento: a casa si studia l’argomento (con il supporto del libro digitale perché no!), a scuola si approfondisce l’argomento, magari vedendo con video, un film, o con la discussione e lo scambio di opinioni, oppure con un buon laboratorio per sviluppare la parte pratica.
Se si vuole veramente si potrà fare!
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