Con la ripresa delle lezioni in presenza sperando di mettersi alle spalle il lungo periodo di pandemia, sembra sempre più consolidata l’idea all’interno del mondo scolastico di lasciare confinata alla sola emergenza l’uso degli strumenti digitali.
Unito alla mancata continuità dello smartworking anche questo visto in alcuni casi come strumento necessario ed utile solo in fase di lockdown, viene facilmente il sospetto che nel nostro Paese si stia perdendo l’occasione (ennesima) di completare l’opera di digitalizzazione dei nostri processi che il covid 19 aveva invece accelerato.
Con il passaggio obbligato alla DAD di febbraio del 2020 con il Covid che ci costringeva a stare isolati in casa e la successiva “rivisitazione” in DID (didattica integrata a distanza) che consentiva la lezione integrata sia di chi era in presenza e di chi era costretto in autosorveglianza a rimanere nelle mura domestiche, sembra oggi che questo processo “segni il passo” senza riuscire a dare l’impulso decisivo a processi di rimodulazione ed arricchimento della didattica.
Recenti ricerche nazionali e internazionali hanno registrato dei cambiamenti significativi nella relazione tra famiglie e scuole proprio a partire dalla Didattica distanza e anche lo sviluppo di alcune nuove dinamiche, rispetto all’epoca pre-Covid. I dati che emergono parlano di una esperienza non del tutto positiva dove, ad esempio, alcuni studenti hanno raccontato che si perdono ancora nella ricerca delle informazioni sui compiti o sui materiali. Altri ancora hanno avuto difficoltà a comunicare quando hanno incontrato problemi tecnici.
Immaginare scenari in caso di assenza di rete, ad esempio, per capire come regolarsi con le attività in ambienti digitali, soprattutto se si devono consegnare compiti è uno degli aspetti da non sottovalutare. Questo è uno dei punti deboli di questa esperienza, avere creato cultura su piani di riserva, sul dare suggerimenti su come salvare le password, aggiungere ai preferiti i siti Web più utilizzati dagli studenti e utilizzare gli assistenti virtuali: tutti aspetti che hanno creato senso di inadeguatezza sia degli studenti che dei loro genitori e che ha creato forti perplessità sull’uso degli strumenti digitali.
A creare ulteriore disagio e incertezza è anche il mancato accordo tra sindacati e il Ministero relativamente al protocollo di sicurezza: tra i temi trattati manca anche quello relativo alle “modalità e i criteri per la didattica a distanza”.
L’aggiornamento del Piano Scuola del MIUR ha confermato che “Resta fermo lo svolgimento in presenza delle attività educative e didattiche”; ha previsto la possibilità di ricorrere alla didattica digitale integrata per gli alunni delle scuole primarie, delle scuole secondarie di primo e secondo grado e del sistema di istruzione e di formazione professionale per i quali sia stato disposto l’isolamento a seguito di contagio In questi casi la didattica digitale integrata viene attivata dalla scuola “su richiesta della famiglia o dello studente, se maggiorenne, accompagnata da specifica certificazione medica attestante le condizioni di salute dell’alunno medesimo e la piena compatibilità delle stesse con la partecipazione alla didattica digitale integrata”
Uno degli aspetti essenziali che però consentirebbe al digitale di entrare a pieno titolo nei processi didattici anche fuori da contesti emergenziali è l’introduzione di metodologie didattiche basate sulla centralità degli alunni, che consentono la costruzione di percorsi interdisciplinari e di capovolgere la struttura della lezione come ad esempio la Flipped classroom, il debate e il Cooperative learning. Un percorso non semplice, ma decisivo se vogliamo vedere veramente una nuova scuola in cui gli allievi partecipino attivamente alla costruzione del proprio sapere e le proposte didattiche siano mirate allo sviluppo di competenze disciplinari e trasversali, oltre che all’acquisizione di conoscenze e abilità. L’apprendimento attivo, infatti, non solo rappresenta il terreno comune delle diverse declinazioni della DDI e garantisce la continuità nei passaggi da una modalità all’altra, ma offre anche le condizioni per favorire lo sviluppo del pensiero critico degli studenti, la costruzione collaborativa e condivisa della conoscenza e l’interazione sociale
La svolta metodologico-didattica, già individuata come essenziale nelle Indicazioni nazionali e nel PNSD per lo sviluppo delle competenze degli studenti, rappresenta così, ancora oggi, la sfida più importante da sostenere, ma anche la più difficile, perché nel nostro Paese la didattica frontale e trasmissiva continua a essere prevalente.
In conclusione, la concezione di un’educazione e di una scuola al passo con i tempi sarà partecipata ed effettiva solo quando si concretizzerà, finalmente, la transizione da iniziative a macchia di leopardo e disomogenee a modelli organizzativi chiari, efficaci ed efficienti, in cui la didattica, le tecnologie e le metodologie possano dialogare tra di loro trovano una sintesi che porti beneficio agli studenti.
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