Per 9 studenti su 10, la didattica distanza – DaD – sarebbe stata proposta dagli insegnanti in un quadro di scarsa innovazione didattica, senza approcci sperimentali o di ricerca, come si trattasse di condizioni didattiche ordinarie. A rivelarlo, la ricerca La DaD nell’anno scolastico 2020-21: una fotografia. Il punto di vista di studenti, docenti e dirigenti, realizzata da Fondazione Agnelli (che ha fornito una prima sintesi dei risultati) insieme al Centro Studi Crenos e al Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Cagliari.
Una ricerca che viene pubblicata in concomitanza con l’uscita del nuovo rapporto Istat, che ci fornisce i dati sulla perdita degli apprendimenti in pandemia, che parte del mondo della scuola temeva, e che ci parlano di 600mila alunni esclusi dalla Dad nella fatidica primavera 2020, quella del lockdown.
La Fondazione diretta da Andrea Gavosto ci riferisce che gli insegnanti si sarebbero attenuti a una didattica fatta di verifiche e compiti a casa, senza particolare differenza tra le materie. Solo in 1 caso su 3 sarebbero state proposte anche attività di ricerca che gli studenti potevano svolgere in autonomia e/o in gruppo, mentre in meno di 1 caso su 5 sono state sperimentate le più innovative piattaforme digitali che propongono giochi didattici, app ed esercizi interattivi per personalizzare i percorsi di apprendimento. Docenti e dirigenti confermano, insomma, l’assoluta prevalenza della video-lezione.
Una scelta, quella della video-lezione, testimoniata anche da un ricorso prevalente al libro di testo. Fra l’85 e il 93% degli studenti, infatti, dichiara, a seconda delle materie, il libro di testo come materiale didattico richiesto dai docenti per le attività in DaD.
Piccole differenze emergono, invece, in relazione alle materie, dal momento che i docenti di lingua straniera e di discipline economico-giuridiche hanno tentato più frequentemente dei colleghi di utilizzare soluzioni didattiche innovative per valorizzare autonomia e protagonismo degli studenti (project work, valutazione tra pari, attività laboratoriali e ricerche online), forse nell’ambito di una didattica che anche in contesti in presenza, fa uso comunemente di attività più dinamiche e innovative.
La ricerca ha analizzato un campione rappresentativo di 123 scuole secondarie di II grado, statali e paritarie, in tutta Italia. In ogni istituto sono stati proposti questionari a studenti (del III e V anno), docenti e dirigenti scolastici, raccogliendo complessivamente le risposte di 105 dirigenti scolastici, 3.905 docenti, 11.154 studenti.
Un altro aspetto interessante della ricerca riguarda il rapporto tra voto e apprendimenti. Sembrerebbe infatti che, a dispetto di voti che gli studenti dicono non essere peggiorati, alla domanda se in DaD abbiano imparato di più o di meno, solo il 57% degli studenti risponde di avere imparato quanto avrebbe fatto a scuola. Questa percentuale cala ancora di più (46%) per gli studenti che non hanno grande fiducia nei propri mezzi e nelle proprie capacità di apprendimento (bassa percezione di autoefficacia). In altre parole, come era prevedibile, le fragilità sono state accentuate durante la pandemia.
Ancora degna di nota – fa notare il rapporto della Fondazione Agnelli – sarebbe la discrepanza tra come si auto-percepiscono i docenti e l’opinione che di loro hanno i dirigenti, in tema di competenze. Infatti, mentre l’85% dei docenti dichiara di avere competenze più che sufficienti o del tutto adeguate per le esigenze didattiche richieste dalla DaD, i dirigenti sembrano porre l’accento assai più sui bisogni formativi dei propri professori ancora da colmare.
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