Da qualche giorno Stefano Stefanel, storico dirigente scolastico del Friuli, non è più in servizio: anche per lui è arrivato il tempo della pensione.
Attivissimo nelle attività associativa e professionale, in tanti anni di lavoro nel mondo della scuola ha visto il susseguirsi delle diverse stagioni culturali e politiche. Nel 2018 aveva contribuito alla nascita della sezione Andis del Friuli Venezia Giulia di cui è stato presidente fino al 2023, anno in cui è entrato a far parte della Direzione Nazionale della associazione.
Parliamo con lui della sua esperienza, ma, inevitabilmente, anche di come si è sviluppata la scuola dagli anni ’80 ad oggi.
Quarant’anni e più nella scuola sono davvero tanti. Lei è certamente la persona giusta per rispondere a queste domanda: qual è secondo lei, nella scuola, il cambiamento più significativo a cui hai assistito?
Sicuramente l’ingresso del digitale corrisponde alla rivoluzione di Gutemberg e all’avvento della televisione e questo cambiamento inatteso ha cambiato tutto. Quando ero ragazzo il futuro era visto come il luogo del trionfo delle macchine volanti, nessuno pensava alla trasmissione immediata e personale di pensieri, parole, foto, video in tutto il mondo e in potenziale simultaneità. Come tutti i cambiamenti irreversibili l’autorità costituita (la scuola ne è una parte) si allontana da giovani e futuro cercando di contrastare il destino dell’umanità.
E cosa, invece, è rimasto più o meno invariato?
L’idea – propria ormai solo della scuola- che si possano trasmettere enciclopedie. E che lo studente per il solo fatto di stare seduto in una stanza debba essere chiamato ad una sorta di fuori dal mondo dove i conferenzieri vorrebbero comportarsi come cento anni fa.
La sua generazione di presidi è quella che è passata dal fare il “capo di istituto” al dirigente scolastico: poco più di 20 anni fa, quasi dall’oggi al domani, siete entrati nella scuola della autonomia. È stato un bene o si stava meglio quando, per dirigere una scuola, bastava applicare più o meno alla lettera le circolari ministeriali?
Sono stato dirigente scolastico dal 1° settembre 2001 al 31 agosto 2024 e quindi l’ultima stagione dei presidi e dei direttori didattici l’ho vissuta da insegnante. L’ultimo preside che ho avuto dirigeva una scuola media con 11 classi (e penso prendesse anche un buono stipendio). Il vecchio sistema non stava più in piedi, non aveva prospettiva e parcellizzava il sistema scolastico in una apparente uniformità. Sono tra coloro che ritengono che la Riforma Berlinguer abbia salvato per un pelo la scuola italiana da un tracollo traumatico e repentino.
Ai tanti docenti che stanno per diventare dirigenti, quale consiglio darebbe?
Assolutamente nulla. Se c’è una cosa che i dirigenti non vogliono sono i consigli dei “vecchi”. E quindi non glieli diamo. C’è in giro un’idea pericolosa per cui vincendo un concorso si conosce già la professione. E quindi bisogna rispettare questa idea, anche se non è mai stata quella che avevo io.
Nei suoi 40 anni e più di scuola si è passati dai primissimi computer alle più recenti tecnologie; pensa che davvero le tecnologie possano servire a migliorare il nostro sistema scolastico?
La questione è controversa e c’è tanta nostalgia degli studenti di una volta, che io ho conosciuto bene e che vivevano in un mondo più semplice e pieno di garanzie. E questa nostalgia sta facendo perdere di vista una verità semplice: le tecnologie non servono necessariamente a migliorare il sistema scolastico, ma la loro assenza lo sprofonderebbe nel baratro della preistoria. L’idea che sarebbe bene tornare a carta, penna e calamaio che affascina ministri e intellettuali vari è un’idea classista, che vuole un popolo ad arrabattarsi nel passato, mentre ricchi ed élite si godono il futuro. È un gioco pericoloso che in questo momento si sta giocando a scuola.
Qual è stato l’aspetto più appagante del suo lavoro di dirigente?
Veder l’apprendimento e i giovani crescere dalla parte delle radici. Dal 2008 al 2024 sono sempre stato reggente di una, due o tre scuole e quindi dal 2012 ho sempre diretto studenti dai 3 ai 19 anni. Vedere in presa diretta lo sviluppo dell’apprendimento in una gioventù che cresce e si lancia verso il futuro è stata un’esperienza che mi ha entusiasmato da quando sono entrato a scuola e che da dirigente mi ha riempito il cuore e la testa. Il bello è che mi sono divertito e ho imparato per 45 anni e mi hanno anche pagato per questo. Inimmaginabile.
In tanti anni ha avuto a che fare con insegnanti di ogni genere. Quale qualità hai apprezzato di più? E quale la irritava maggiormente?
Ho memorizzato solo le qualità positive e dimenticato quelle negative. In ogni insegnante ho visto una persona, un lavoratore, un gioiello. Ho cercato di valorizzare ognuno dentro un sistema che si curava degli apprendimenti e della formazione e non dei conti consuntivi, dei programmi annuali, delle graduatorie ad esaurimento e degli scatti stipendiali. Facendo questo oggi ho solo ricordi belli e di ogni insegnante ricordo solo gli elementi di contatto umano e culturale. Tra sedi di titolarità (3) e reggenze (20) ho avuto contatti con almeno 5.000 insegnanti. Inoltre ho diretto per oltre dieci anni la formazione dei neo assunti e la formazione del personale e anche da lì sono passati almeno 10.000 docenti. Ho la mente piena di belle impressioni e di belle persone. Le irritazioni sono passate in fretta, perché non c’era tempo per irritarsi troppo visto che bisognava costruire.
Lei è un grande appassionato di montagna. Immagino che finora molto spesso le sarà capitato di arrampicarsi su una ferrata pensando al collegio dei docenti da fare il giorno dopo. Ma adesso, a cosa penserà quando salirà sulle sue montagne?
Nel mio sistema dirigenziale il Collegio docenti non ha mai avuto molto peso. Diciamo che ci sono stati anni che con due o tre collegi di un’oretta complessiva (dei tre) abbiamo concordato tutto. Ho lavorato molto su singole persone, piccoli gruppi, gruppi di progetti, affinità elettive. Non ho mai avuto timore di un’assemblea, un consiglio, un collegio, una trattativa sindacale. In montagna sono sempre abituato a concentrarmi sulla salita, sto attento a dove metto i piedi, mi fermo a guardare il paesaggio. E vedo dov’è mio figlio, sempre almeno mezz’ora più in alto.
Vogliamo fare una considerazione finale, sui 40 anni e più di lavoro nella scuola?
Quando uno è stato fortunato, ha fatto il lavoro che voleva, ha gestito tutto come si era prefissato, ha avuto solo risposte positive dalla vita e dal lavoro deve ringraziare la fortuna, ma anche sé stesso. Questo è l’ultimo post che ho lasciato il 31 agosto 2024: “Dodici anni fa quando sono arrivato come dirigente scolastico al Liceo Marinelli di Udine ho postato un breve messaggio: “Sono il nuovo dirigente scolastico del Liceo Marinelli. Beh… speriamo che me la cavo “, citando un celebre libro.
Ora dodici anni dopo, nel momento in cui lascio il Marinelli per andare in pensione penso di poter dire: “Beh, dai, me la sono cavata”.
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