Dal 2008 in pensione a 58 anni con 35 di contributi, ma poi sempre peggio
Nel 2008 e fino al 30 giugno 2009 i dipendenti pubblici potranno andare in pensione a 58 anni e con 35 di contributi, mentre per i lavoratori autonomi bisognerà aver compiuto 59 anni. Poi però, nel corso degli anni, serviranno sempre più requisiti: l’accordo è incluso nel pacchetto Damiano sul welfare approvato a ridosso di Natale. Per i prossimi 36 mesi il Governo ha così scelto la soluzione ‘di mezzo’: sino ad oggi bastavano infatti 57 anni d’età, ma il provvedimento permetterà di lasciare il lavoro con due anni di anticipo rispetto alla riforma Maroni. Decisamente meno morbide risultano le decisioni per i pensionati degli anni prossimi, soprattutto se la riforma voluta dal Governo Prodi dovesse permanere in vita nel lungo periodo: anche abbandonando il cosidetto ‘scalone’ (introdotto con la legge Maroni n. 243 del 2004), per far spazio a ‘scalini’ e ‘quote’, i requisiti diventeranno sempre più alti.
Dal primo luglio 2009 e fino al 31 dicembre 2010 per i dipendenti pubblici la quota complessiva minima (somma degli anni di servizio e di età) sarà pari a 95, con un’età anagrafica non inferiore a 59 anni (per gli autonomi quota 96 con minino 60 anni di età). Nel periodo 2011-2012 per i lavoratori dipendenti con un’età anagrafica non inferiore a 60 anni entrerà in vigore quota 96 (per gli autonomi quota 97 con almeno 61 anni).
Ma è dal 2013 i lavoratori subiranno la vera ‘stangata’: i dipendenti dovranno aver accumulato 97 anni (minimo 61 anni di età e un anno ancora in più sarà richiesto agli autonomi), con addirittura uno slittamento di un anno, sia per la parte contributiva e sia per quella di anzianità anagrafica, rispetto alla riforma Maroni. Gli unici che potranno prescindere da tali vincoli saranno i lavoratori con 40 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica, e quelli che hanno svolto attività usuranti. Ai lavoratori impegnati in questi ultimi lavori verrà concesso di continuare ad andare in pensione con 57 anni e 35 di contributi. Rientrano in questa categoria i palombari, i conducenti di veicoli pesanti del trasporto pubblico, ma anche coloro che sono impegnati nella catene di montaggio, nei lavori in galleria o nelle cave, nei lavori in altezza e nel lavoro notturno (minimo 80 notti l’anno): per accedere al pensionamento anticipato, ma solo nella fase transitoria, i lavoratori dovranno aver svolto attività usuranti per minimo 7 anni negli ultimi anni; a regime, invece, per almeno la metà della vita lavorativa.
Al di là della delusione da parte di coloro che avrebbero sperato in un accordo migliore per i lavoratori, nei prossimi cinque anni il superamento dello ‘scalone’ Maroni dovrebbe permettere circa 100 mila pensioni in più: alcuni analisti hanno stimato che saranno circa 20 mila i lavoratori che beneficeranno degli anticipi resi possibili dal pacchetto Damiano; per i primi tre anni l’incremento sarà più sensibile, per poi rallentare negli ultimi due proporzionalmente con l’elevazione dei requisiti e dell’entrata a regime di quota prima 96 e poi 97.
Al momento non è possibile stimare quanti saranno i lavoratori della scuola ad usufruire delle modifiche migliorative: di sicuro si attende un numero considerevole di pensionamenti. Difficilmente però si supererà il record dello scorso anno, quando se ne andarono (tra dirigenti, docenti e Ata) in 52.291 (circa l’80% docenti), il 70% dei quali a seguito di domande volontarie (pari ad oltre il 70% dei pensionamenti): un deciso incremento (oltre il 40%) rispetto all’anno precedente, quando lasciarono la scuola in 37.000 e soprattutto al 2001 (appena 15 mila pensionati).
Il pacchetto Damiano sul welfare introdurrà, sempre da gennaio 2008, anche altri provvedimenti che riguardano da vicino i lavoratori: in particolare si eleverà l’indennità di disoccupazione (che varierà dal 40 al 60% a seconda dei requisiti), si introdurranno importanti agevolazioni per il riscatto della laurea e si introdurrà l’obbligo di assunzione dopo tre anni continuativi svolto con contratti a tempo determinato: in quest’ultimo caso la scuola dovrebbe però rimanere esclusa, con grande rammarico per le diverse decine di migliaia di precari che vanterebbero anche molti più servizi annuali.