A pagare il prezzo più salato della spending review attuata dagli ultimi governi, sarebbe la scuola.
Su 220mila unità lavorative perdute dalla Pubblica amministrazione quasi il 90%, riguarda la scuola, la quale, a partire dal dimensionamento contenuto nella Legge 133 del 2008, firmata dall’allora Ministra dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, “si è vista spazzare via 4 mila istituti scolastici e circa 200 mila cattedre”.
Secondo Anief “per salvare i conti pubblici in rosso, si sono ridotte di un terzo le scuole autonome e con loro le segreterie scolastiche, si è tagliato il tempo scuola in tutti i corsi. Senza dimenticare che con la Legge 169 del 2008 (Governo Berlusconi) è stato anche abbandonato il modulo di tre maestri e pure il maestro specialistico alla primaria e effettuate diverse sottili operazioni sull’organizzazione scolastica finalizzate al mero risparmio. Con la progressiva riduzione degli apprendimenti”.
“È stato un errore strategico gravissimo- continua Anief- tagliare di un sesto gli organici del personale e di un quarto quello dei suoi dirigenti, più una bella fetta di formazione, con norme che avrebbero dovuto garantire il pareggio di bilancio ma che alla lunga hanno prodotto addirittura un incremento del debito pubblico”.
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