Con un documento divulgato nei giorni scorsi quattro importanti associazioni professionali dei docenti (AIMC, CIDI, MCE e Proteo Fare Sapere) intervengono sulla questione della valutazione sottolineando il buon esito delle modifiche introdotte nella scuola primaria con l’OM 172 del dicembre 2020.
Secondo le associazioni è però necessario intensificare ulteriormente le attività formative rivolte ai docenti e, soprattutto, “mettere a sistema” i risultati raggiunti in questi due anni sperimentazione del modello di “valutazione formativa”.
Ma c’è di più: le associazioni sono convinte che il voto numerico vada eliminato anche nella secondaria di primo grado non fosse altro per il fatto che negli istituti comprensivi si vive oggi una situazione davvero strana: il PTOF dell’istituzione scolastica è unitario, così come unitaria è la “declinazione” delle indicazioni nazionali, salvo poi avere criteri e interventi diversificati sulla valutazione degli alunni.
Qualcuno si spinge persino oltre sostenendo che il voto andrebbe abolito persino nel biennio della secondaria di secondo grado o comunque per tutto il periodo dell’obbligo scolastico.
Ovviamente sul questa prospettiva non tutti i docenti sono d’accordo e per rendersene conto è sufficiente frequentare social e gruppi di discussione.
L’obiezione principale è che senza lo “stimolo” del voto gli studenti si impegnerebbero di meno ed il loro livello di preparazione diminuirebbe in modo sensibile.
Per la verità tutta la miglior ricerca pedagogica degli ultimi 70 anni dimostra in modo inequivocabile che, con l’impegno e con la motivazione ad apprendere, il voto c’entra molto poco.
Conta invece che lo studente comprenda le proprie difficoltà e i propri punti di forza, elementi che possono stimolare la crescita e l’impegno.
Nella intervista che proponiamo la segretaria nazionale del MCE Anna D’Auria e il presidente del CIDI Beppe Bagni approfondiscono il tema e rispondono anche agli interrogativi che l’abolizione del voto pone.
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