Un’allegoria più che mai attuale riscontrabile in modo particolare in questo tempo, il tempo del COVID 19.
L’uomo come rinchiuso in una caverna, incatenato in modo da non poter girare la testa, obbligato a fissare il fondo della caverna stessa.
Le ombre: l’unica realtà, l’unica esperienza sensibile fin dalla nascita. Il significato dello scritto platonico adombra un’interpretazione che spazia fino al concetto di “verità”.
Oggi,adesso più che mai,stiamo vivendo in una”caverna digitale”,in un mondo fatto di ombre,che sembrano certezze acquisite per raggiungere la verità.
Tutti immersi nelle ombre che scorrono non più su una caverna, ma davanti ad un PC, ad uno smartphone, ad un display. Ecco che,nella caverna terra, l’uomo ha creato quella digitale, facendo sì che le sue conoscenze siano orientate verso certi links, ma pur sempre limitate.
Tutti prigionieri, incatenati…oggi ancor di più! Misteriosi digitali, addentrati in una realtà così radiosa,che ogni tentativo di distacco potrebbe essere traumatico.
Viviamo nell’oscurità o nella luce? Vi lascio con questo punto di domanda, a riflettere. La verità è che questo mito rappresenta una metafora perfetta, che tenta di riflettere sulla duplice realtà in cui, tutti, viviamo e da cui è difficile fuggire. Ecco perché, nei tempi della post – verità, il mito della caverna di Platone è più attuale che mai, perché chi vive nell’oscurità, immerso nella caverna digitale, è refrattario a vedere la luce. È qui che vivono i prigionieri della realtà virtuale,digitalizzando la natura per riportarla nel perimetro angusto di un display,per possederla e manipolarla.
È nella caverna che vive la finzione di quella rappresentazione. L’energia, l’impulso vitale divengono così immobilità mortificata…e nella caverna digitale si cristallizzano gli stati d’animo,i sentimenti, le sensazioni.
Faccine allegre, tristi e senza parole; si perdono così le sfumature di personalizzazione, che cedono il posto ad una simbologia universale digitalizzata. Ecco che le immagini che si susseguono sullo sfondo della caverna,in qualche modo sembrano rimbalzare come per eco nelle immagini trasmesse da televisioni, da internet, che però scorrono in un’ottica virtuale.
In realtà gli uomini girano in quella gabbia che è il pianeta, perché hanno dimenticato, pur avendo avuto la possibilità, di guardare oltre il cielo, verso l’iperuranio, dove risiedono le idee, immutabili e perfette, indispensabili per l’esistenza della realtà mondana, dove si è persa l’abitudine a stringersi la mano, di guardarsi negli occhi e si è rafforzata la dimora della caverna digitale.
Raffaella Solano
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