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Dalla chiamata diretta agli stipendi: ecco i motivi della protesta dei presidi

La primavera calda dei presidi è senza dubbio uno dei temi più battuti di queste ultime settimane, con lo sciopero previsto il 25 maggio che rappresenta il chiaro segno del malcontento dei dirigenti scolastici.

Ma, per riassumere, quali sono le ragioni della protesta che sta investendo le presidenze di tutta Italia?

Partiamo dalla questione della chiamata diretta: i sindacati del comparto ritengono che il CCNI sulla mobilità abbia di fatto cancellato ogni forma di discrezionalità nella chiamata dagli albi territoriali. L’ANP, al contrario, sostiene che non è cambiato nulla rispetto alla legge 107.
Infatti, la nota del 19 aprile con cui il Miur ha stabilito i termini entro i quali i collegi dovranno deliberare requisiti e criteri, pur essendo stata inviata a tutti gli USR, non è arrivata alle scuole, tesi supportata anche da alcune indagini che abbiamo svolto nelle precedenti settimane dove nemmeno sui siti dell’USR si sono rintracciate istruzioni precise alle scuole.
Per cui, l’ANP, oltre a partecipare alla manifestazione del 25 maggio a Roma, ha annunciato che i propri iscritti rifiuteranno incarichi aggiuntivi e reggenze e con l’indisponibilità ad effettuare le “chiamate dirette” dei docenti nel mese di agosto.

L’altro nodo cruciale è senza dubbio la questione stipendiale che, come riporta DISAL, vi è mancanza di una retribuzione adeguata ai carichi di lavoro, di una equità retributiva interna alla categoria e dall’inspiegabile protrarsi del rinnovo contrattuale”.

Infatti, la questione portata avanti da tutte le sigle di categoria è proprio la mancata equiparazione della retribuzione dei presidi con quella delle altre dirigenze pubbliche, rivendicazione storica dell’ANP che non sarà facile ottenere, dal momento che il costo è decisamente consistente (non meno di 250-300 milioni).

 

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Fra gli altri punti dolenti, la questione della valutazione della categoria, che sottolinea il vice-presidente ANP Rusconi:“noi non siamo mai stati contrari in maniera ideologica ma non vogliamo questo tipo di valutazione. Quali sono i parametri che vengono considerati? Il numero di alunni promossi? Non possono certo essere questi i criteri”.

Non ultimo, anche se più di carattere generale, il punto della trasformazione negativa del ruolo del dirigente, che sarebbe diventato col tempo un amministratore a scapito del proprio ruolo di coordinatore dei docenti, sottolineando come la gestione amministrativa della scuola abbia preso il sopravvento sul resto delle attività.

Anche il Direttivo Nazionale dell’ANDIS condivide appieno le ragioni della protesta dei dirigenti scolastici, “esasperati dal sovraccarico di adempimenti connessi all’attuazione della legge 107 (immissioni in ruolo, organico potenziato, PTOF, valorizzazione del merito, chiamata per competenze, alternanza scuola/lavoro, reti di scuole, ecc.), ma ancor più dalle incombenze derivanti dall’attuazione delle norme sulla trasparenza, l’anticorruzione, la sicurezza, il nuovo codice degli appalti, la dematerializzazione, la sicurezza informatica, ecc. Una condizione di lavoro divenuta oggettivamente insostenibile, a fronte di livelli retributivi sempre più mortificanti, una condizione resa ancora più gravosa e frustrante dall’elevato numero di reggenze e dal continuo rinvio della pubblicazione del bando di concorso a ds”.

Insomma, il 25 maggio è alle porte, e visto il malcontento, si potrebbe assistere ad una manifestazione molto partecipata da parte dei presidi, che vestiranno il ruolo poco frequente di scioperanti.

 

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Fabrizio De Angelis

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