I lettori ci scrivono

Dalla formazione ad albero a quella a cespuglio

Fino a qualche decennio fa la scuola, attuando i principi di una pedagogia moderna e avanzata, seguiva, sotto il profilo squisitamente organizzativo e didattico, in maniera chiara, coerente e lineare,  precipui criteri formativi sapientemente collegati, giorno per giorno, con tutto ciò che potesse  servire per  illuminare, orientare  e costituire un docente nuovo, per un alunno nuovo, in una scuola nuova.

Possiamo dire che le varie esperienze educative e didattiche e gli interventi all’interno delle singole discipline, rispettavano uno schema ad albero che cresceva gradualmente, al momento opportuno dava i suoi frutti e rappresentava la diretta e ordinata compenetrazione dei contenuti disciplinari   nella  ricca e complessa personalità dell’alunno.

Attraverso  la nobile arte dell’educare, rispondente ad un adeguato discernimento e alla fattiva volontà di tradurre in pratica le teorie pedagogiche, la forza d’azione di ogni singolo docente, impegnato solo nell’acquisizione personale e libera del sapere e della conoscenza,  risultava efficace e ben visibile.

L’educatore, attento anche alla grande ricchezza dei valori morali, era il fondamentale e principale organizzatore del lavoro scolastico, la guida indispensabile nel difficile processo della formazione dell’educando, con il compito, non sempre agevole, di tagliare i rami invadenti e i polloni che potessero, lungo la strada che  qualifica socialmente, culturalmente, eticamente la nostra vita e apre agli alunni orizzonti sconfinati, ostacolarne il cammino.

Oggi la scuola, a livello organizzativo e operativo, appare confusa, incerta  e disordinata, non ha  la capacità o la forza necessaria per  resistere a ingerenze e forzature esterne che la privano della sua libertà, del suo essere comunità educante che rigenera, istruisce e forma sulla base di una ben definita intenzionalità e progettualità  educativa e didattica.

Circondando l’alunno di attività di vario genere  che, spesso, come tanti cespugli che si espandono orizzontalmente, verso il basso, impediscono o rallentano la crescita verso l’alto e sottraggono linfa vitale all’ albero, non si fa altro che trascurare i  compiti fondamentali di una scuola che deve essere, soprattutto,  guida illuminante per gli alunni, la famiglia e la società.

L’opera della scuola deve essere una sola: opera di educazione, opera di  preparazione dei giovani all’arte di crescere, di essere e di esistere.

Per progredire e accrescere la forza interiore della personalità e della libertà, per  resistere ad ogni costrizione, da qualsiasi parte venga,   e orientare i giovani verso i valori di una società aperta e democratica, occorre utilizzare i migliori procedimenti, formare uomini nuovi e prepararli alle responsabilità sociali.

Le difficoltà della scuola odierna si manifestano, soprattutto, nel dramma della perdita di senso dovuto anche alla complessa, disorganica e sempre più massiccia   presenza di molteplici attività individuali e collettive   che, tiepidamente,  tendono a far prevalere la dimensione istituzionale  delle novità  educative  e ad offuscare la tradizionale  dimensione carismatica.

La scuola per poter essere un magnifico pezzo d’orologeria in cui tutti gli elementi si muovono per un unico scopo e diventare un autentico contenitore culturale, deve regolarizzare il suo cammino, non deve essere colma di indefinite, aleatorie e sempre più complesse e articolate  mode   progettuali o  pseudo innovazioni metodologiche e didattiche, ma di carismi, di entusiasmo e di tutti quei doni che servono per la crescita e l’edificazione personale.

Le istituzioni scolastiche devono agire ed operare applicando “le buone pratiche”, spesso velate, che sono fonte di tenerezza e di amore verso un virgulto  che necessita di  salutari  potature, cure e interventi per poter dare frutti buoni.

Pertanto, il terreno solido sul quale deve fondarsi l’insegnamento si trova in un contesto che dà impulso alla ricerca personale dove gli alunni, pieni di ardore e ben forniti di mezzi, esercitano le facoltà d’iniziativa, d’immaginazione e d’inventiva.

Poche sono oggi le lezioni vere e molte le attività che alimentano un falso concetto di libertà che allontana dal carisma e dall’autorità dei genitori e dei docenti.

Per rispondere pienamente alle esigenze vitali degli alunni, occorre afferrare l’importanza  dell’ essere in armonia e in sintonia con lo sviluppo delle facoltà individuali.

L’insegnamento avrà un senso pedagogico-formativo solo  quando abbandonerà le deformazioni legate  all’abitudine, avrà il coraggio di superare gli interessi egocentrici, inizierà a dare ascolto alle attitudini dei ragazzi e si abituerà  ad usare il termine “capolavoro” per indicare la perfezione di un’educazione che è  base di cultura autentica e fonte di tenerezza e amore verso la vita dell’uomo.

È dovere della scuola sviluppare al massimo le facoltà della mente, coltivare e dare impulso all’intelligenza,  senza la quale non è possibile sperare  nell’elevazione culturale e morale della società.

Per conseguire risultati educativi  positivi è necessario innanzitutto  sapere quali sono i bisogni fondamentali dell’uomo e far ruotare l’attività scolastica intorno ad essi. L’educazione dei giovani può  realizzarsi  solo a contatto con lo studio costante che è il modo migliore per accrescere lo spirito critico  e allontanare le idee ambigue e gli aspetti negativi di una moderna concezione  pedagogica incapace di far  sorgere un vivo raggio di luce su una scuola curva e  gravata dal suo fardello di amore, di dolore e di speranza.

Fernando Mazzeo

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