In conseguenza della catena di stupri che in questi giorni sono stati denunciati da giovani donne e che la stampa sta riportando ogni giorno, da più parti: politica, psicologi, polizia, cultura, sociologi ecc. si invoca un lavoro più intenso di insegnamento nelle scuole.
E a bona ragione, considerando che l’istituzione scolastica è una sorta di filtro attraverso cui tutti i cittadini sono passati e che una efficace educazione “sentimentale”, per esempio, possa essere utile per frenare fenomeni tanto violenti in modo capillare.
Tuttavia, se si fa attenzione, si apre pure un coro multiforme di giudizi su cui tutti, da tutti i luoghi e da tutte le latitudini, sembrano abilitati a esprimere valutazioni di merito, nella consapevolezza che la sappiano più lunga degli altri. Ma non solo, per qualsiasi ingranaggio che si inceppa in Italia la prima soluzione universalmente invocata è la scuola che deve “educare” all’alimentazione, stradale, salute, legalità, sessuale, razzismo, droghe ecc.
E in questo ingorgo si corre il rischio che vengano date informazioni sbagliate o peggio ancora che si accendano nei ragazzi curiosità sopite come è già avvenuto con le droghe, quando gli esperti non sono esperti ma personaggi alla meglio raccattati o che si improvvisano sapienti.
In ogni caso, quando ci si trova davanti a un problema, qualsiasi problema che coinvolga la società, perfino sulla disaffezione dalla politica o sulla crisi della vendita delle zucchine, la prima istituzione che viene messa in campo è la scuola, con la solita espressione: bisogna partire da lì, dalle aule.
Si pretende insomma che la scuola sia la panacea di tutte le disfunzioni della società, la medicina atta a curare tutte le colpe, dimenticando troppo spesso come di contro sono trattati i docenti, e non tenendo conto soprattutto che insieme a tutte queste “educazioni” che si susseguono c’è pure l’incombenza a concludere il programma e poi bisogna interrogare, valutare e riempire scartoffie per evitare denunce e richiami. Anche perché appostati ci sono il Tar insieme alle invettive dei genitori qualora le cose non vadano secondo i loro principi educativi.
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