Categorie: Precari

Dallo storico al neofita integrato: le due tipologie di precario della scuola

Ci sono due tipi di precari: quello storico e il neofita integrato.
Il primo è quello che è infinocchiato da 20 anni da tutti i partiti, sia di destra sia di sinistra, e insiste nella sua lotta.
Il precario storico arriva alle convocazioni dopo aver visitato almeno 10 luoghi di culto accendendo ovunque ceri di devozione eterna a diversi santi. È da questa categoria che nasce la parola «vintage»: usati ma come nuovi, a prezzo imbattibile.

Quando si presenta per la nomina, sa di incontrare tutti i colleghi rimasti in vita autonoma e spera che nessuno gli freghi il posto.
Dopo essere entrato nella ‘sala dei miracoli’ e aver firmato quel maledetto contratto che lo obbliga a mangiar pane e amarezza per nove mesi, telefona immediatamente alla scuola cui è assegnato e da lì capisce come possa andare l’anno.
Se si sente rispondere «pronto, chi è?», non gli rimane che ripassare dai santuari e riaccendere ceri tenendone qualcuno a casa per occorrenze speciali.
Se la voce è tranquilla, tutto sommato sa solo che deve fare i conti con le varie lobby, capire chi vota Silvio Berlusconi e scoprire chi è più lecchino con il dirigente scolastico. Ma sa pure che non deve sottovalutare mai le bidelle e sa di dover fare il proprio lavoro bene, facendosi i fatti propri.
Fatte queste cose essenziali per il sistema nervoso centrale e periferico, il «vintage», sa già che da lì a qualche mese possono essere tutti dalla sua parte: ha visto tante di quelle cose che è pronto districare le situazioni più ostiche.
Il precario neofita integrato, invece, è quello che viene dalla scuola privata e arriva a quella statale attraverso uno scontro frontale dove o si salva, oppure la via del bromazapem è l’unica che gli assicura le mani che non tremano e l’angoscia sotto controllo.
Non lo sa ancora, ma ha diversi step da superare. Il primo è sicuramente quello della sindrome di onnipotenza. È la prima volta che viene chiamato alle convocazioni e naturalmente, felice, accetta due, tre – e se ce ne fossero pure 14 – scuole all’istante.
Quando gli si chiede, «sei sicuro di farcela?», risponde: «Ma certo, riuscirò a fare 20, 21, 23, ore. Figuriamoci, giovane come sono». E allegro e spensierato va in segreteria.

Appena entrato, l’ormone del superuomo incomincia ad avvizzirsi e incomincia a chiedersi: «Ma dove sono capitato? E adesso come devo fare per rinunciare, a chi chiedo come si fanno ‘ste cose? Io coordinatore? Ma cos’è ‘sta roba? Potenziamento? Ma di cosa?».

Le prime riunioni rimangono impresse nella memoria a lungo termine del precario neofita integrato per la quantità di compiti che deve svolgere e di cui non ne ha mai saputo nulla.
A questo punto incomincia a buttare carte in aria incurante dello sguardo allibito e ammiccante del resto della compagnia.
Allora il «vintage» lo afferra e lo porta alla macchinetta del caffè cercando di calmarlo. Ma lui esplode: «Ma ti rendi conto? Abbiamo collegi docenti, consigli, dipartimenti, riunioni di funzioni strumentali, riunioni di staff, aggiornamento, riunioni con lo psicologo, per i curricula, per l’integrazione, per la valutazione, corsi di formazione per sicurezza e per il primo soccorso. E poi lezioni da preparare, il registro elettronico». «E la mia vita sociale? Le mie serate con gli amici? Devo lavorare come un pazzo: verifiche, verifiche semplificate, la biblioteca, e poi l’orario. Hai visto l’orario?».
Gli orari dei precari sono le cose più surreali che può ipotizzare un uomo di media cultura di mezz’età: un’ora in una scuola, due buchi, due nell’altra scuola, e mezz’ora per raggiungere la terza per far sorveglianza e continuare per due ore. Sempre che dopo non ci sia da mettere a posto la biblioteca o disporre in ordine cronologico i libri da quando è nata la scuola.
La vita del precario è letteralmente sopraffatta dalla cultura. Naturalmente il giorno libero è quello più sfigato di tutti, mentre le forti lobby hanno un superorario con tanto di sabato libero o il giorno che cade vicino a tutti i ponti.
Il precario integrato che in origine aveva un colorito olivastro incomincia a trasformarsi fisicamente, e alla fine il verdolino-grigio pervade tutto il suo viso rendendolo simile a Caronte pronto a traghettare i suoi ragazzi verso il suo sapere.
Una cosa è bella però, quando senti il precario spiegare è veramente stimolante e i ragazzi pendono dalle sue labbra e quando glielo si fa notare, ci si accorge che solo la scuola può fare tutto ciò.
Nell’ansia, nella disperazione, nell’assenza dello Stato, nel disagio e nella situazione drammatica in cui l’istruzione è stata relegata esistono non due tipologie di persone, ma insegnanti. Veri, di cuore che pensavano di trovare una cosa piccola in un mondo grande e, invece sono fieri di costruire insieme una cosa grande in un mondo piccolo.

Redazione

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