Onorevole Damiano, alla luce del recente decreto presentato da Elsa Fornero sui lavoratori cosiddetti esodati, può dirci se ci sono possibilità di correzione anche per altre fasce?
“Posso dire che il decreto non è sufficiente, come ho sempre detto, nel senso che dà un’interpretazione letterale del testo di legge. In alcuni casi le interpretazioni paiono persino restrittive. Ad ogni modo il decreto affronta il problema di una prima tranche di lavoratori, 65.000 per l’esattezza, per i quali sono state individuate le tipologie. Sarebbe però necessario trovare una soluzione che affronti il tema alla radice, anche perché i soggetti coinvolti da questa riforma pensionistica, che io ho sempre giudicato troppo drastica nell’innalzamento dell’età della pensione, sono una pluralità. Parlo dei lavoratori che hanno accordi di mobilità, che si sono licenziati individualmente nelle piccole aziende, che sono usciti dalle imprese a seguito di esodo e altri ancora”.
Lei ha ribadito più volte che l’attuale governo dovrebbe rivedere la questione delle pensioni perché la riforma siglata dalla ministra Fornero ha commesso l’errore di cancellare le quote. È ancora di questo avviso?
“Io, nel 2007, ho introdotto le quote di anzianità. Quota 96 comprendeva gli anni 2011-2012 mentre quota 97 sarebbe dovuta scattare nel 2013. Il ministro Fornero ha abolito, con un colpo di spada, quelle quote. È stato questo, secondo me, l’errore della sua riforma. Si potevano rivedere le quote. Non dico, onestamente, che saremmo rimasti a quel livello, ma si potevano alzare con una certa gradualità e con maggior misura. Nessuno avrebbe avuto osservazioni da fare perché sarebbe stato un innalzamento dolce, graduale, soprattutto non avrebbe causato la situazione che viviamo oggi”.
Il decreto presentato è un decreto ministeriale. Il che vuol dire che non ci sono margini di correzione. Quindi?
“Purtroppo non c’è nessun modo di intervenire. L’unica possibilità di intervento è un’ulteriore iniziativa di carattere legislativo che allarghi le maglie di questo decreto e che allarghi, di conseguenza, la platea delle persone coinvolte e che vanno salvate dalla riforma. Non c’è altro da fare. Non possiamo cambiare questo decreto”.
I lavoratori della scuola, che speravano in ciò, dovranno aspettare un decreto ad hoc?
“Quello che è chiaro è che, nei 65.000, come sappiamo da tempo, non erano assolutamente compresi i lavoratori della scuola, come si vede dai numeri e dalla tipologia dei soggetti che vengono elencati in calce allo stesso decreto per raggiungere la quota dei 65.000. Per ricomprendere i lavoratori della scuola [quelli di quota 96, per intenderci], bisogna fare un intervento ad hoc che riguardi specificamente tale settore”.
Dopo una terza interrogazione parlamentare proprio sul personale della scuola che aveva maturato la quota 96 nel 2012, il governo ha risposto negativamente. Le deputate Mariangela Bastico e Manuela Ghizzoni, del suo stesso partito, hanno annunciato di voler presentare un ddl. Che ne pensa?
“Io penso che sia la strada giusta tant’è che, per quanto ci riguarda, alla commissione Lavoro della Camera io ho già presentato una proposta di legge che recepisce i due ordini del giorno che approvammo a seguito del Milleprororoghe, proposta di legge che si propone di spostare la data dal 4 al 31 dicembre dei lavoratori che hanno sottoscritto accordi di mobilità e di “ripulire” i due anni successivi al 6 dicembre 2011 entro i quali bisogna maturare il diritto a percepire l’assegno pensionistico. Partendo da questo disegno di legge che io ho proposto – di cui sono primo firmatario e che è stato sottoscritto anche dalle altre forze politiche che sostengono il governo – si possono prevedere ulteriori interventi a favore di quelli che sono rimasti esclusi dallo scalone Fornero, compresi i lavoratori del comparto scuola. Il problema di quei lavoratori, comunque, ci è ben chiaro da tempo e ci impegneremo in tal senso. Si tratta solo di capire in che modo sarà possibile procedere”.
Ciò significa che lo scalone Fornero si dovrà rivedere nell’imminenza o in una prossima legislatura?
“Le strade sono due. O si provvede, in questa legislatura, ad apportare una correzione che sia soddisfacente, che sia cioè in grado di risolvere sostanzialmente il problema venutosi a creare, o questo governo lascerà in eredità a quello che verrà il compito di rivedere lo scalone di 6 anni introdotto dalla riforma Fornero. Io, da ministro, ho rivisto lo scalone Maroni. Quelli che verranno, se davvero vogliamo mettere in ordine la situazione, saranno costretti a rivedere lo scalone Fornero. Non vedo altre possibilità.
Intanto quasi 3.000 persone, fra docenti e personale Ata, hanno intrapreso il ricorso al Tar…
Se ci sono dei ricorsi ci saranno dei pronunciamenti e il governo, a quel punto, dovrà fare i conti con il fatto che ha sbagliato la mossa. Io sono per risolvere il problema. Non do certo ragione al governo, se ha torto”.
Lei sarebbe favorevole a un decreto che comprenda sia gli esodati sia i lavoratori della scuola, come auspicano le onorevoli Bastico e Ghizzoni?
“Io sono favorevole ad una proposta di legge che affronti il problema degli esodati, dei lavoratori in mobilità e dei lavoratori della scuola. Ripeto che ho già presentato una proposta di legge, la 5103, che va in questa direzione e che si propone di allargare la platea definita dal decreto 65.000, proposta che esclude la finestra mobile di un anno e l’aspettativa di vita. Quella proposta, già in esame alla commissione Lavoro, potrebbe essere il veicolo dell’allargamento. Bisogna vedere se conviene utilizzare quel veicolo o se è meglio fare qualcos’altro. Stiamo lavorando in questa direzione. Però le dico, sinceramente, che ci sarà un’opposizione violenta, se non radicale, da parte del governo, perché tutto questo richiederà delle coperture finanziarie significative, ovvero delle risorse miliardarie”.
(L’intervista è stata curata da Giuseppe Grasso, presidente del Comitato “Quota 96”)