Le dichiarazioni del presidente della Commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano sulla questione del diritto di sciopero stanno creando non poco scompiglio fra i sindacati di base.
I primi a protestare sono i Cobas che affidano al loro portavoce nazionale Piero Bernocchi una dichiarazione di fuoco.
L’esternazione di Damiano ha le sue radici in un disegno di legge giacente in Parlamento secondo la quale gli scioperi potrebbero essere proclamati solamente dai sindacati che abbiano almeno il 5% di rappresentanza. Ma, l’occasione immediata arriva dalla buona riuscita dello sciopero dei trasporti di venerdì 16 che ha bloccato diverse città italiane.
In sintesi Damiano sostiene che a questo punto i sindacati di base e i Cobas in particolare andrebbero bloccati.
“Peccato – polemizza Bernocchi – che le tesi di Damiano si fondino su due pilastri d’argilla: a) la legge anti-sciopero 146/90 per i servizi pubblici sarebbe inefficace e comunque COBAS e soci non la rispetterebbero facendo scioperi “selvaggi”; b) in ogni caso questi sindacati non sono “rappresentativi” e dunque non devono aver diritto di convocare scioperi”.
“In realtà – spiega Bernocchi – lo sciopero di venerdì scorso non è stato affatto ‘selvaggioi ma rispettoso delle regole pur ultra-restrittive della 146, che prevede una convocazione con almeno 20 giorni di anticipo (5 per la tentata “conciliazione”), nonché “fasce protette” in cui non si può scioperare, orarie o in particolari periodi dell’anno. Nessuna di queste regole è stata infranta il 16 giugno”.
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Ma, secondo i Cobas, c’è di più: “Damiano sostiene che il punto debole della legge 146 è che consente ai COBAS ed affini di convocare scioperi ‘plurimi’ e ‘continuativi’. Falso anche questo: la legge prevede che un secondo sciopero si può convocare solo dopo aver svolto il primo e bisogna poi attendere altri 20 giorni; e in quanto al ‘continuativo’, non si può scioperare per più di due giorni di seguito. Regole così restrittive non esistono in paesi a struttura sociale e politica simili al nostro, vedi Francia, Spagna o Grecia. Comunque, il 16 si è svolto uno sciopero di una giornata, né continuativo, né plurimo”.
“Il cosidetto ‘caos cittadino’ – aggiunge ancora Bernocchi – è dipeso da due soli fattori: a) la grande partecipazione dei lavoratori/trici allo sciopero; b) il disservizio “normale” dei trasporti nelle principali città (Roma su tutte) dovuto ai tagli sui mezzi circolanti”.
Il punto di tutta la questione, secondo i Cobas, è che la rappresentatività sindacale viene misurata oggi con un metodo molto strano che favorisce i grandi sindacati e penalizza fortemente i più piccoli. E allora non c’è che una sola soluzione: modificare le regole per vedere chi davvero rappresenta i lavoratori.
“La prima occasione di accettare questa sfida sarebbe ravvicinata – conclude Bernocchi – a marzo 2018 ci dovrebbe essere in tutto il settore pubblico il rinnovo delle RSU. Andiamo alle elezioni con 2 schede, una per la RSU del posto di lavoro e una per la rappresentatività nazionale: e vediamo cosa scelgono i lavoratori. O questa competizione impaurisce lor signori che ci vorrebbero eliminare d’imperio?”
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