A Leggere lib(e)ri una nuova puntata dedicata a uno degli scrittori francesi più amati in Italia, Daniel Pennac, creatore della saga dei Malaussène, la squinternata famiglia parigina di Belleville.
Cominciamo dicendo che il titolo italiano del libro non rende affatto il senso di quello originale francese: Diario di Scuola è troppo neutro, resta in superficie, non riesce a fare immaginare il dolore che ci sarà tra quelle pagine. Chagrin d’école, invece sì. Perché “chagrin” significa pena, sofferenza, angoscia. Di sinonimo in sinonimo, arriviamo a infelicità. E l’autore di questo libro, Daniel Pennac – scrittore di fama mondiale con la sua bizzarra e squinternata famiglia Malaussène – era proprio infelice a scuola, da alunno, a partire dalla scuola elementare e fino al liceo:
Insomma, andavo male a scuola. Ogni sera della mia infanzia tornavo a casa perseguitato dalla scuola (…) refrattario dapprima all’aritmetica, poi alla matematica, profondamente disortografico, poco incline alla memorizzazione delle date e alla localizzazione dei luoghi geografici, inadatto all’apprendimento delle lingue straniere…
Un giorno, per sua fortuna, al liceo, incontra un docente che intravede in lui una grande capacità di raccontare storie – le scuse che Pennac ragazzo creava ad arte per sottrarsi alle verifiche – e gli propone di esentarlo dal fare i compiti che lascia a tutti gli altri compagni, a condizione che ogni settimana gli scriva una storia. Ed è da lì, dall’intuizione del suo professore di francese, che tutto nasce e si trasforma. Il piccolo Daniel si appassiona alla scrittura, si diploma, si laurea e diventa dapprima il professor Pennac e poi lo scrittore famoso che tutti conoscono. Da professore, Pennac ricorderà i supplizi vissuti a scuola, ed ecco che questo libro – dedicato anche al suo professore “che non smise mai di sperare nel somaro che ero” – diventa un vero e proprio manuale ad uso di tutti i docenti del mondo. Da docente Pennac non rinnega il somaro che era e cerca di comprendere le ragioni degli alunni da ultimo banco:
I nostri studenti che vanno male a scuola (studenti ritenuti senza avvenire) non vengono mai soli a scuola. In classe entra una cipolla: svariati strati di magone, rancore, preoccupazione, rabbia, desideri insoddisfatti, rinunce furibonde (…) La lezione può cominciare solo dopo che hanno posato il fardello e pelato la cipolla. Difficile spiegarlo, ma spesso basta solo uno sguardo, una frase benevola, la parola di un adulto, fiduciosa, chiara ed equilibrata, per dissolvere quei magoni, alleviare quegli animi…
Insomma, siamo di fronte a un libro di memorie proiettato verso il futuro. Proprio da questi personalissimi e dolorosi ricordi, infatti, Pennac trae spunto per ricordare a se stesso e a tutti gli insegnanti che la classe è un’orchestra in cui non tutti gli studenti sono destinati a diventare primi violini. Ciò che conta è condurre chi suona il triangolo e il tamburo a conoscere la stessa musica degli altri, di quelli che suonano gli strumenti più importanti. La sapranno interpretare in modo meno brillante, ma almeno la conosceranno anche loro.
Insomma, un libro da comodino in cui le esperienze forti di Pennac ragazzo e poi docente sono raccontate con brio, con la scrittura effervescente e vivace che caratterizza l’opera dello scrittore francese.
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