Per ridurre il precariato, il governo in accordo con la Commissione europea, ha introdotto il decreto per avviare due bandi di concorso relativi al reclutamento di personale per infanzia, primaria e scuola secondaria relativi a circa 30mila posti e raggiungere il target PNRR di 70mila unità entro giugno 2026.
“Con questi decreti – dichiarò il Ministro – prosegue l’impegno del Ministero nel valorizzare il ruolo dei docenti e potenziare la formazione dei nostri studenti, fornendo loro tutti gli strumenti per proseguire con profitto gli studi universitari e accedere con facilità al mercato del lavoro”.
Ebbene, precisa Milena Gabanelli nella sua rubrica sul Corriere della Sera, “Dataroom”, la procedura implementata è quella di indire nuovi concorsi, aperti a tutti i laureati e i precari.
Con il primo, svolto a fine 2023, da settembre a fine dicembre, sono stati immessi in ruolo 44 mila docenti. Tra i vincitori però solo chi ha già l’abilitazione ottiene subito la cattedra a tempo indeterminato. Chi non ce l’ha, è assunto a tempo determinato con l’obbligo di conseguire entro un anno i 30 o 60 crediti formativi universitari richiesti e di svolgere un tirocinio formativo, imposto anche a coloro che a scuola insegnano già da diversi anni e dunque hanno più che tirocini nella loro carriera.
A questo punto però, la Gabanelli pone la domanda dalla cento pistole, per sottolineare che quell’obbligo dei crediti formativi sembra più una operazione finanziaria che una scelta opportuna per scegliere i docenti meritevoli, così come è chiamato il ministero dell’Istruzione.
Infatti a fornire le richieste abilitazioni sono chiamate sia le università tradizionali ma anche quelle telematiche, il cui costo è fino a 2.500 euro. A questa somma si aggiungono altri 150 euro per l’esame finale.
Chi alla fine rispetta i tempi ottiene finalmente il posto fisso, chi invece non ce la fa, è fuori.
In ogni caso per l’inizio del nuovo anno scolastico, a fronte dei 64.156 posti disponibili, il Ministero ha autorizzato solo 45.124 nuove assunzioni.
Il governo, spiega Gabanelli, infatti ha deciso di accantonare 18.561 posti per un secondo concorso coi fondi Pnrr che sarà bandito tra ottobre e novembre, significando con ciò che i vincitori dei concorsi coi fondi Pnrr avranno la precedenza nelle immissioni in ruolo di quest’anno.
E proprio qui scatta un altro inghippo, con le relative manifestazioni di tanti docenti precari davanti al palazzi del Mim a Roma.
Infatti il decreto ministeriale n. 158 parla chiaro: priorità di assunzione per gli insegnanti delle graduatorie a esaurimento, per chi ha superato i precedenti concorsi del 2016, 2018 e 2020 e sta ancora aspettando, e infine i vincitori del concorso 2023. E dei 30 mila insegnanti risultati idonei al Concorso Ordinario 2020, che sono già abilitati, e dovevano essere immessi in ruolo proprio quest’anno? Di loro il ministro non ha tenuto conto e si vedono scavalcati dai vincitori del concorso 2023, passando in coda.
Come mai, si chiede la giornalista? Tutto risiede nel Pnrr e nella necessità di afferrane i fondi.
Infatti il Mim stabilisce che chi ha passato il concorso Pnrr deve essere assunto subito. Perché, se questo non avvenisse, e dunque deve per forza avvenire, si perderebbe l’ultima rata da 24 miliardi del piano europeo.
In conclusione, dove il merito non poté, poterono i fondi Pnrr
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