La Didattica Digitale Integrata (DDI) sarebbe peggio della Didattica a Distanza (DaD), a detta di molti docenti, le cui istanze si sentono particolarmente forti nella scuola primaria.
Perché, per chiarire i termini del problema, un conto era la didattica a distanza (DaD) per come l’abbiamo conosciuta nella primavera scorsa, quando i ragazzi erano tutti a casa; un conto è lavorare simultaneamente con ragazzi in presenza e ragazzi a distanza, integrando la didattica ordinaria alla DaD (è questa, infatti, l’essenza della DDI).
Da molte classi elementari, insomma (ma non solo), ci giungono storie di grandi difficoltà.
Molti docenti sono impegnati a garantire: l’inclusività nei confronti degli alunni fragili che seguono le lezioni da casa; e contemporaneamente un’alta qualità didattica nei confronti del resto della classe che lavora in presenza.
La mole di lavoro cresce a dismisura, e così la complessità della didattica. Pensiamo infatti a come si svolge il lavoro dell’insegnante in un contesto simile…
Il docente o la docente ogni pomeriggio dovrà progettare il proprio lavoro del giorno dopo così da potere svolgere:
Questo tipo di intreccio didattico assolutamente complesso non solo dal punto di vista organizzativo ma anche da quello relazionale è qualcosa che accade giornalmente in molte classi del Paese. La domanda che sorge spontanea è: il CCNI per la regolamentazione della didattica digitale integrata (DDI) sarà all’altezza della situazione? Bisogna pretenderlo con forza, specie dato che, da quello che ci pare di capire, la DDI resterà anche nella scuola del post Covid, ad esempio come intervento da destinare alle giornate di allerta meteo, ma anche in situazioni meno estreme. Insomma, la DDI promette di diventare una leva didattica ordinaria, non più uno strumento emergenziale straordinario.
Tutto questo, riteniamo, merita una regolamentazione contrattuale di tutto rispetto, all’altezza della sfida.
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