Uno dei motivi della contestazione stare, secondo il portavoce delle Rete degli studenti, nel fatto che la legge “permette ai privati di entrare nei futuri consigli dell’autonomia, smantella l’attuale consiglio di istituto e depotenzia il ruolo decisionale degli studenti diminuendo il numero dei rappresentanti di istituto e deregolamentando le modalità di elezione. Le proporzioni cambiano e il numero di rappresentanti diminuisce. Garantisce il diritto di assemblea, ma non lo regolamenta. Gli studenti non avranno garantiti i loro spazi di democrazia. Questa è una cosa gravissima, è il coma della democrazia della scuola”.
I punti che gli studenti contestano sono dunque l’art. 1 comma 3 che riconosce l’autonomia statutaria delle scuole, l’art. 8 che afferma la centralità del ruolo dell’Invalsi e l’art. 10 comma 1 che legittima l’entrata dei privati nelle scuole. Tuttavia, se l’art. 7 riconosce il diritto degli studenti di riunirsi in “associazione ed assemblee” non lo regolamenta, nel senso che “Il diritto di assemblea sancito da questo articolo può anche permettere alle scuole di dire: “I ragazzi possono riunirsi in assemblea una volta l’anno”.
Attualmente abbiamo diritto ad otto assemblee di istituto l’anno ed è vero che c’è bisogno di riformare questo sistema, però non per diminuire i diritti, ma per rendere più partecipate le assemblee, per dargli un significato più profondo, per renderle un modo forte per incidere nella scuola. Non sono contrario al fatto che si vuole andare verso l’autonomia delle scuole, però bisogna capire come. Io non mi fido a lasciare la regolamentazione ad ogni singolo istituto. Il punto critico sul quale non siamo disposti a discutere sono le assemblee di istituto perché scrivere “le assemblee di istituto sono garantite” significa dire alle scuole: “Fate quello che volete”. A noi questo non sta bene perchè questo diritto va regolamentato dicendo quante assemblee ci spettano ogni anno.”
Altro motivo di contestazione è l’art. 8, in cui viene affermata la centralità del ruolo dell’Invalsi che se pone il problema, legittimo, della valutazione delle scuole. Per gli studenti “l’Invalsi non è un metodo adatto di valutazione. Già i docenti, che conoscono bene le loro classi e i loro alunni, possono valutare la scuola. L’Invalsi non va assolutamente bene come strumento di valutazione: un test a crocette con domande molto vaghe non può essere uno strumento che possa misurare in maniera reale le conoscenze degli studenti.”
Per quanto invece riguarda l’ingresso dei privati Lanni spiega che “la preoccupazione è legata al fatto che il mondo dell’istruzione debba avere dei rapporti obbligati con il mondo del lavoro. La cultura deve formare il cittadino mentre questo provvedimento è un modo per legittimare il finanziamento dal privato al pubblico. Deve essere il pubblico a finanziare l’istruzione” considerato il rischio che il “privato possa influenzare la didattica”. “Se questa è una legittimazione per un privato ad entrare nella mia scuola e dettare il mio percorso formativo in maniera che poi io possa uscire dalla scuola ed essere un buon lavoratore per lui, per me è sbagliatissimo. La scuola forma cittadini. Se la mia scuole volesse diventare esclusivamente formatrice di lavoratori, a quel punto me ne andrei a lavorare e basta. Si dovrebbe regolamentare tutto”.
“La scuola”, dice ancora il rappresentante degli studenti, “ha bisogno di essere considerata una risorsa, ha bisogno di una legge quadro nazionale per il diritto allo studio che possa permettere a tutti di accedere all’istruzione. C’è bisogno di investire sull’edilizia scolastica e c’è bisogno di un ripensamento ed un aggiornamento della didattica. I professori devono avere corsi di aggiornamento continui. Deve essere ripensato il ruolo dello studente e della scuola. L’Italia non guarda ai giovani come una risorsa. È chiaro che la risposta dei giovani è quella di scendere in piazza per riprendere il loro paese perché credo fermamente che dobbiamo essere noi il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo.”
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