Dopo averlo annunciato in anteprima alla ‘Tecnica della Scuola’, i Cobas lanciano l’iniziativa in modo ufficiale: rivolgendosi a tutti i sindacati e al “popolo della scuola pubblica”, il leader storico, Piero Bernocchi, chiede di proclamate assieme uno sciopero per bloccare gli scrutini. Ed è un fiume in piena: “dopo le declamazioni – dice Bernocchi – lo convochiamo davvero insieme lo sciopero durante gli scrutini, del tutto legittimo almeno per i primi due giorni? E tutti in piazza domenica 7 giugno? Il “maestro” Renzi bocciato senza appello: molto meglio dietro la lavagna (con le orecchie d’asino) che davanti. In suo soccorso corre Roberto Alesse, presidente della Commissione di garanzia. Da quando decide lui le precettazioni?”.
Per il portavoce dei Cobas, mai come ora è il momento di insistere con la contestazione contro il ddl di riforma, perché “l’annuncio di uno sciopero degli scrutini e lo straordinario successo dello sciopero anti-quiz Invalsi stanno provocando considerevoli sbandamenti nelle file governative. Ha iniziato il Grande Imbonitore che ha provato a vendere la sua mercanzia sul modello del famigerato Patto con gli italiani di Berlusconi. Davanti ad una lavagna ha dimostrato che vi starebbe meglio dietro, magari con il cappellino da somarello”.
Bernocchi sostiene, poi, che “nel frattempo, però, il governo ha mosso tutte le sue batterie sparando contro lo sciopero degli scrutini come se esso, e non già il progetto disastroso della cattiva scuola, mettesse a repentaglio gli interessi di studenti e famiglie. Ed è intervenuto a sproposito anche il presidente della Commissione di garanzia sugli scioperi Roberto Alesse che ha pre-annunciato la precettazione dei docenti in caso di sciopero degli scrutini. Ricordiamo ad Alesse – scrive Bernocchi – che il suo compito è solo quello di giudicare la congruità degli scioperi convocati con la legge-capestro 146/90, a suo tempo definita anti-Cobas e anti-sciopero: le precettazioni, eventualmente, spettano ai Prefetti. Ma ricordiamo anche, a lui e a tutti, che è perfettamente lecito scioperare per due giorni consecutivi durante gli scrutini, a patto di non coinvolgere le classi “terminali” dei corsi di studio. Se poi si dovesse andare oltre i due giorni, la legge 146 prevede sanzioni pecuniarie ma non precettazioni”.
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“E convochiamo intanto, insieme, i due giorni di sciopero consentiti, i primi dopo la fine delle lezioni, articolati regionalmente. Poi, sulla base delle decisioni governative e delle volontà di docenti ed Ata, valuteremo se e come proseguire, sfidando eventuali precettazioni grazie ad un sostegno plebiscitario alla lotta. Discutiamone con i lavoratori/trici in lotta nelle giornate di mobilitazione unitaria tra il 18 e il 20, in occasione del voto alla Camera: e si ci sarà, come crediamo, grande consenso, effettuiamo congiuntamente la prima convocazione di sciopero”.
“Offriamo a tutti un’occasione per manifestare in una giornata in cui la stragrande maggioranza dei cittadini non lavora: una manifestazione nazionale, enorme, di domenica, per il ritiro del Ddl e per la scuola Bene comune (7 giugno?); o in alternativa decine di manifestazioni cittadine nella stessa domenica. In Italia non esiste una tradizione di manifestazioni domenicali: ma proprio per questo risalterebbe quanto elevata è la preoccupazione generale per la disgregazione della scuola pubblica contenuta nella sciagurata idea dell'”uomo solo al comando. Una domenica con tutti in piazza sarebbe un segnale fortissimo, che anche il Grande Imbonitore non riuscirebbe a nascondere”.
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