Nel pomeriggio del 16 gennaio è ripreso nella Commissione Cultura della Camera l’esame del disegno di legge Azzolina (M5S) sulla questione delle cosiddette “classi pollaio”.
Unico intervento della seduta è stato quello della onorevole Valentina Aprea che ha tracciato un quadro generale del contesto in cui si inserisce il disegno di legge.
“Il provvedimento – ha sottolineato Aprea – ha un impatto finanziario che decorre già dal prossimo triennio, per il quale la legge di bilancio ha già definito le dotazioni finanziarie per la scuola senza tenere conto di questa riforma”.
Secondo Aprea è essenziale che “la Commissione acquisisca dal Governo una relazione tecnica sugli oneri finanziari, quale base di partenza per l’inizio dell’esame”.
Ma soprattutto, secondo la parlamentare di Forza Italia, bisognerebbe tenere in debito conto le modifiche normative che sono intervenute dopo il 2008, data a cui risale il “Piano programmatico” sulla scuola voluto dai ministri dell’epoca Tremonti e Gelmini.
Aprea ha fatto riferimento, in particolare, alle norme introdotte con la legge n. 107 del 2015 in materia di organici, al decreto legislativo che istituisce il sistema integrato di educazione e istruzione 0-6 anni, alle nuove norme in materia pensionistica e a quelle in corso di approvazione e all’ampliamento del tempo pieno nelle scuole primarie introdotto con la legge di bilancio per il 2019.
“Tutte novità – ha detto Aprea – che incidono sul quadro da prendere in considerazione per valutare l’intervento di cui alla proposta di legge”.
Peraltro, ha aggiunto, il fenomeno delle “classi pollaio” sarebbe concentrato soprattutto nella secondaria di secondo grado e nelle regioni del sud, anche a causa di carenze edilizie; le classi con più di 30 alunni sarebbero poche centinaia e inciderebbero per meno dello 0,5% sul totale delle classi.
“Alla luce di questi dati – ha detto ancora Aprea – ritengo che quello del sovraffollamento delle classi non costituisca un problema di dimensioni allarmanti e che la proposta di legge in esame risponda esclusivamente alla volontà ideologica di smantellare una riforma attuata da un Governo di centro-destra. Ritengo inoltre che essa non tenga adeguatamente in conto la denatalità del Paese che ha contribuito a una crescente contrazione del numero di alunni”.
Per consentire al Parlamento di esaminare compiutamente i problemi posti dal progetto di legge il Governo dovrebbe quindi fornire dati chiari e certi con una proiezione almeno decennale.
Le variabili in gioco, sostiene Aprea, sono molteplici: si va dalle ipotesi demografiche, ai flussi migratori, fino ai problemi della sicurezza degli edifici scolastici. Le stesse intese per l’attribuzione di condizioni particolari di autonomia alle regioni Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia potrebbero giocare un ruolo significativo sulla organizzazione del sistema scolastico.
“Prima di proseguire la discussione sulla proposta di legge in esame – ha concluso la deputata di FI – occorrerebbe che la Commissione acquisisse una relazione tecnica, corredata di dati inerenti la reale consistenza delle ‘classi-pollaio’ e i risparmi effettivamente conseguiti per effetto dell’applicazione dell’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, e che attendesse gli esiti del processo di riconoscimento di forme di autonomia differenziata alle regioni anzidette”.
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