“A.A.A. docente esperto, bella presenza, automunito, titolatissimo, offresi anche per rapporti didattici non protetti e occasionali”. Inizia così il provocante contributo di Gianfranco Pignatelli, docente meridionale con alle spalle un precariato di 27 anni.
Secondo l’insegnante, il disegno di legge di riforma prefigura, infatti, una nuova dimensione di insegnante: quello dell’atteggiamento perennemente “supino verso il dirigente scolastico, che potrà abusare di lui senza riserva; massima accondiscendenza verso alunni e genitori; servilismo assoluto al potere politico; totale e incondizionata disponibilità a fornire ogni genere di prestazione ad ogni ora e in ogni sede; docilità a farsi prezzolare e sponsorizzare da chicchessia per qualsivoglia depravazione educativa in cambio di una ciotola di riso o un piatto di lenticchie, ma solo se è stato abbastanza seducente, remissivo e appagante verso studenti-clienti e preside-padrone. Si offrono facoltà di recesso e formula soddisfatti o rimborsati”.
Pignatelli non ha dubbi: “Sembra già di vederlo, è l’annuncio che sarà affisso all’albo regionale degli insegnanti non appena la riforma che mercifica la funzione docente uscirà dalle Camere italo-bulgare del caudillo Renzi”.
“C’è voluto tutto l’acume del partito democratico per risolvere la piaga del precariato scolastico italiano, l’insopportabile iniquità tra quell’80% di docenti a tempo indeterminato e il 20% utilizzati un po’ qui un po’ lì, un giorno sì e tanti no. Meglio precarizzarli tutti, equipararli senza discriminazione alcuna ai neri, quelli che il caporalato recluta a rotazione per gli agrumi in Sicilia, i pomodori in Campania, l’uva in Puglia e i calci nel sedere dello Stato complice quando non servono”.
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