Categorie: Politica scolastica

DdL, dal 2016 i presidi potranno chiamare docenti non abilitati nella disciplina

Per i lettori della Tecnica della Scuola arriva un altro approfondimento sul testo del DdL 1934 approvato la scorsa settimana al Senato, proprio in queste ore approdato alla Camera per il – molto probabile – via libera definitivo prima della firma del Capo dello Stato al provvedimento.

Stavolta ci occupiamo del comma 78, riguardante per intero le nuove prerogative che la riforma assegna ai dirigenti scolastici in fatto di scelta del personale da assumere. Della prima parte del comma, quella relativa alla cosiddetta “chiamata diretta” attraverso gli ambiti territoriali si è già parlato molto: con la nuova norma (più articolata rispetto a quella approvata alla Camera il 20 maggio scorso) si stabilisce che “a decorrere dall’anno scolastico 2016/2017, per la copertura dei posti dell’istituzione scolastica, il dirigente scolastico propone gli incarichi ai docenti di ruolo assegnati all’ambito territoriale di riferimento, prioritariamente sui posti comuni e di sostegno, vacanti e disponibili, al fine di garantire il regolare avvio delle lezioni, anche tenendo conto delle candidature presentate dai docenti medesimi e della precedenza nell’assegnazione della sede ai sensi dell’articolo 21 e dell’articolo 33, comma 6, della legge 5 febbraio 1992, n. 104”. Il capo d’istituto, quindi, dopo aver sottoscritto il contratto con coloro che vantano una precedenza per motivi certificati di assistenza (per se stessi o per parenti o affini seguiti in via esclusiva), può scegliere il candidato che ritiene più opportuno e indicato al progetto formativo del proprio istituto.

Della seconda parte del comma 78, invece, si è parlato meno. Riguarda la possibilità che viene data, sempre al dirigente scolastico e dall’a.s. 2016/17, di “utilizzare i docenti in classi di concorso diverse da quelle per le quali sono abilitati”. Tale concessione ha alcuni limiti: i docenti individuati, si legge ancora nel DdL 1934, devono possedere “titoli di studio validi per l’insegnamento della disciplina e percorsi formativi e competenze professionali coerenti con gli insegnamenti da impartire”; inoltre non devono essere “disponibili nell’ambito territoriale docenti abilitati in quelle classi di concorso”.

Cosa significa? Che, laddove non vi sono docenti aspiranti della specifica abilitazione (quindi la classe di concorso è “esaurita”) non sarà necessario che il docente possegga la specifica abilitazione all’insegnamento della disciplina di cui la scuola è priva di titolare di cattedra: basterà che abbia conseguito il titolo di studio utile ad insegnare la materia. In pratica, tanto per fare un esempio di quello che potrà accadere, un docente abilitato soltanto nella classe di concorso A043 (italiano storia e geografia nella scuola media) o nella classe di concorso A050 (materie letterarie negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado) potrà essere chiamato a insegnare latino o greco nei licei pur noNnessendo in possesso della specifica abilitazione. Ma l’abbinamento viene reputato fattibile perchè ha soltanto superato, nel suo piano di studi universitari, due esami di latino o due esami di greco. Che non corrispondono, nemmeno lontanamente, alla laurea e alla successiva abilitazione.

 

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Con il disegno di legge 1934, quindi, si dovrebbe in parte ripercorrere quanto sta avvenendo, dal 2009, con le classi di concorso atipiche e le tabelle di confluenza: con migliaia di docenti, in condizione di soprannumero, utilizzati su materie affini alle proprie. Con altrettanti colleghi abilitati, ma con meno punteggio in graduatoria, costretti a fare le valigie e a recarsi in altri istituti. Ora, stavolta, con l’applicazione del DdL, non verrà scalzato alcun titolare della materia. E nemmeno eventuali aspiranti abilitati, collocati negli albi territoriali. Ma in mancanza di questi, il risultato sarà che agli studenti non verranno assegnati docenti della materia: anziché chiamare un neo-laureato, arriveranno dietro la cattedra dei colleghi abilitati materia affini, che, per ovvi motivi, non sempre hanno la possibilità di raggiungere gli stessi obiettivi formativi.

Ora, se in futuro la revisione delle classi di concorso, attesa da sette anni, poteva far cadere questa soluzione “provvisoria”, dai più considerata ingiusta e anti-didattica, con l’approvazione della “Buona Scuola” potremo metterci l’anima in pace: in diversi casi, l’utilizzo dei prof su cattedre a loro non congeniali, sarà autorizzato per legge.

 

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Alessandro Giuliani

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