Negli ultimi mesi abbiamo sentito più volte Governo e maggioranza parlamentare ricordare a chi contestava la riforma della scuola che dopo anni di tagli si è tornato a investire sulla scuola. Che con la riforma Berlusconi-Gelmini si sono tagliati 8 miliardi di euro. Con quella Renzi-Giannini ne sono stati investiti almeno 3.
Ora, Davide Faraone, che ha preso il ruolo di sottosegretario all’Istruzione nell’autunno scorso, incidendo sulla revisione della prima versione della “Buona Scuola”, prova a fare chiarezza. Andando oltre i macro numeri.
Il primo grande capitolo di spesa previsto è il “fondo di funzionamento: si tratta – scrive il sottosegretario – di risorse di cui la scuola dispone per comprare dal pennarello per la lavagna al toner della stampante o per organizzare attività e progetti. Già all’inizio di quest’anno il Miur ha destinato agli istituti 50 milioni in più per l’anno scolastico 2014/2015. Si è passati dai 111 milioni dell’anno precedente a 161 milioni: una scuola che aveva 15.000 euro per il suo funzionamento, per esempio, se n’è visti arrivare altri 7.000”.
Faraone annuncia che la riforma porterà “ulteriori risorse: oltre 123 milioni per il 2016, 126 milioni all’anno dal 2017. Ovvero altri 15 mila euro circa che ogni istituto avrà già da settembre. Nessun potrà più dire che nelle scuole non ci sono nemmeno i soldi per la carta igienica”, asserisce il sottosegretario ammettendo però anche, con questa precisazione, la tristissima realtà cui sono costretti i nostri istituti per andare avanti ogni giorno. Affidandosi, anche per provvedere alle spese quotidiane di prima necessità, sempre più spesso alla generosità delle famiglie degli alunni,.
Il secondo impegno economico del Governo, attraverso l’attuazione del ddl, sarà l’innovazione digitale: “finora – sottolinea Faraone, soffermandosi ancora sulla diversità tra le vecchie gestioni della Scuola e quella dell’attuale legislatura – è dipesa dalla buona volontà della comunità scolastica o da fondi legati a progetti specifici e solo per alcune scuole. Non si è intervenuti in maniera sistematica ma solo con iniziative spot. Con #labuonascuola, grazie al Piano nazionale per la scuola digitale non ci saranno scuole di serie A o scuole di serie B: tutte disporranno delle stesse risorse per stare al passo coi tempi”.
Poi il sottosegretario entra nel dettaglio: “nel 2015 saranno circa 10 mila gli euro in più per ogni scuola per l’acquisto di materiale tecnologico o per l’attivazione di progetti che sviluppino le competenze digitali dei ragazzi. Dal 2016, invece, 3.500 a regime. Acquistare tecnologia costa, ma costa ancora di più mantenerla efficiente e funzionante. Grazie a questi fondi in più – stabilmente – le scuole potranno sostituire le lampade delle lavagne digitali, per esempio, o cambiare i toner delle stampanti o rivolgersi all’assistenza tecnica in caso di bisogno. Senza problemi”.
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Il terzo filone di spesa programmato dal Governo Renzi sarà quello della card per il docente: “500 euro a insegnante per l’aggiornamento e per le spese culturali. Che sono sì un bonus ai docenti, ma anche e soprattutto un investimento sulla qualità della didattica. Pensiamo a una scuola con 100 docenti: è come se un dirigente scolastico avesse 50 mila euro all’anno in più per l’aggiornamento dei suoi insegnanti. Oltre ai circa 5.000 euro all’anno dal 2016 del fondo – 40 milioni – per la formazione in servizio. Finora i fondi a disposizione per tutte le scuole sono stati circa 2 milioni: un bel salto di qualità, grazie al quale i dirigenti potranno sostenere il miglioramento del loro istituto e la professionalità degli insegnanti, in linea con la progettualità della scuola”.
Faraone ricorda, senza però soffermarsi nei dettagli, anche le altre “coperture” previste dalla riforma: “le risorse per la valorizzazione del merito, quelle per l’edilizia scolastica, quelle per l’alternanza scuola-lavoro. Risorse che non vengono date alle scuole una tantum: dirigenti scolastici, docenti e studenti sapranno di poter contare su quei fondi stabilmente. Potranno così lavorare in maniera organica e in prospettiva senza doversi inventare modi per finanziare i loro progetti o le loro iniziative”.
I conclusione, per il sottosegretario, “calcolatrice alla mano, l’investimento è evidente. Ce la stiamo mettendo tutta. Non per sentirci dire ‘bravi’ ma perché siamo convinti che per scommettere sul futuro bisogna credere fortemente nel presente”.
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