La riforma della scuola dimentica gli Istituti tecnici superiori. A sostenerlo è la Cgil, che il 21 maggio ha presentato una serie di priorità e misure per la promozione e facilitazione degli Its, chiedendo un intervento specifico su questo “sistema puro di alternanza scuola lavoro e sede naturale per l’alta formazione in apprendistato”.
Secondo il primo sindacato Confederale, il ddl ‘La Buona scuola’ interviene solo “marginalmente” sugli istituti tecnici superiori e, in particolare, “non affronta i nodi critici come la governance e la loro frammentazione sul territorio”.
Fortunatamente, rileva sempre la Cgil, “il percorso per gli emendamenti al ddl non è concluso, ora il provvedimento passa al Senato”: è lì, a Palazzo Madama, che bisognerà quindi favorire lo sviluppo di questi istituti – sono 75 nel nostro paese – con “una governance a maggioranza pubblica”, dando anche il via libera alla “mobilità degli allievi e sostenere i più meritevoli con misure di diritto allo studio”. Ma anche “assicurare l’adeguamento e l’aggiornamento del repertorio delle figure nazionali di riferimento e le corrispettive competenze in esito ai percorsi”.
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Anche per Giovanni Biondi, presidente Indire, bisogna non trascurare gli Its ed il valore aggiunto che portano alla formazione lavorativa specializzata: “I numeri del tasso di occupazione dei giovani, soprattutto a 12 mesi dalla conclusione del ciclo, sono importanti”.
Secondo Gianna Fracassi, segretario confederale Cgil, “sarebbe auspicabile, tra le altre cose, rafforzare gli Its con dinamiche interregionali per evitarne la frammentazione territoriale”.
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