Il Governo M5S-LEGA, ancora più determinato di quanto non fosse stato Brunetta con il decreto legge 150/2009, accelera con il disegno di legge “Miglioramento” introducendo per il pubblico impiego e quindi anche per docenti e personale Ata, verifiche psico-attitudinali, premialità e sanzioni disciplinari.
Nel Consiglio dei Ministri di giovedì 14 febbraio 2019 è stato approvato il disegno di legge denominato “Miglioramento”, che, una volta approvato da Camera e Senato, delegherà il Governo a strutturare, mediante diversi decreti legislativi, una riforma complessiva dell’amministrazione pubblica.
Il metodo dei decreti legislativi, già utilizzato attraverso il comma 181 della legge 107/2015, non rassicura i sindacati e solleva dubbi oltre che di metodo anche di merito. Questi decreti legislativi dovrebbero introdurre le verifiche psico-attitudinali per tutti i pubblici dipendenti, compresi i docenti e il personale Ata, dovrebbero completare l’intricata partita riguardante le sanzioni disciplinari e aprire ad una premialità decisa dall’utenza e da componenti esterni al sistema. In buona sostanza si vorrebbe introdurre, in una riforma degli organi collegiali, all’interno dei Consigli di Istituto figure esterne, provenienti dall’impresa e comunque da altri settori pubblici o privati.
Questo ddl, affermano CGIL-FP-FLC, è inaccettabile e pericoloso per il metodo e nel merito. Per il metodo perché si propone di intervenire mediante lo strumento della delega, che come noto limita la discussione parlamentare e il confronto democratico, su una materia come il lavoro nella Pa che è di importanza rilevante per l’intero Paese oltre che per i 3 milioni di lavoratori che vi sono addetti. Nel merito perché, con una sorta di ‘brunettismo’ di ritorno, ripropone a circa un decennio dal fallimento di quelle politiche, nei confronti del lavoro pubblico le stesse ricette proposte dall’allora Ministro Brunetta. Un sistema di valutazione unico al solo scopo di mettere in evidenza pochi casi di ‘infedeli’ pur di non riconoscere il valore di quanti fanno funzionare lo stato senza mezzi né risorse”.
Per la Cgil e le due categorie, Fp e Flc, si intende intervenire in materia di accesso al pubblico impiego prevedendo anche le ‘verifiche psico-attitudinali’ del personale oltre che ‘l’obbligo del giuramento’ (abolito per legge dopo lo sciopero della fame fatto negli anni 90 da un docente); di nuovo su merito e premialità proponendo questa volta l’intervento dell’utenza e l’utilizzazione di soggetti anche estranei alla pubblica amministrazione, senza dire che ancora una volta si cerca di allontanare le amministrazioni dai cittadini, centralizzando ancor più il potere nelle mani di pochi vertici nazionali, meglio se provenienti dalla carriera militare. Sulla disciplina della dirigenza (i cui contratti per il triennio 2016/2018 ancora non sono stati rinnovati) proponendo, in maniera ormai ossessiva, compiti maggiormente finalizzati a contrastare la scarsa produttività e l’assenteismo trasformando i dirigenti in gendarmi anziché fornire loro risorse e personale per organizzare meglio e incrementare i servizi ai cittadini, con l’obiettivo nemmeno velato di selezionare i più fedeli al politico di turno che i migliori manager. Infine sul rapporto di lavoro pubblico riproponendo nuovamente l’inderogabilità della legge da parte del contratto al fine di valorizzare ‘il principio per cui i dipendenti pubblici sono al servizio esclusivo della Nazione’.
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