Home Politica scolastica DdL: Renzi va fermato, non è il proprietario della scuola

DdL: Renzi va fermato, non è il proprietario della scuola

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April 19, 2025

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Alla Lega Nord non sono piaciuti gli ultimi sviluppi, e colpi di scena, sul disegno di legge di riforma dell’istruzione pubblica. A farsi portavoce del dissenso del Carroccio nei confronti della politica del Governo sul fronte scolastico è Mario Pittoni, il responsabile federale Istruzione.

“Per Renzi – sostiene il leghista – la scuola è proprietà privata del Pd. Normale quindi che, per superare l’empasse che il capo del Governo si è creato da solo nel percorso di approvazione del ddl Buona scuola, annunci l’intenzione di forzare la mano con un maxiemendamento in Commissione, elaborato come sempre senza ascoltare nessuno (naturalmente affermando il contrario) e successiva “tradizionale” apposizione della questione di fiducia in Aula”.

Secondo Pittoni, inoltre, “il problema non è nella quantità di emendamenti, che pure sono frutto di un malcontento generale non preso in considerazione, ma nei numeri per l’approvazione del testo che al momento il Governo sembra proprio non avere”. La conferma arriverebbe dalla “battuta d’arresto dell’altra settimana in commissione Affari costituzionali”, che per la Lega “non è casuale: è il risultato delle troppe forzature, a volte coperte da finte aperture di Renzi, su un testo palesemente non condiviso, con anche gli aggiustamenti imposti senza confronto. Tanto da far pensare a una segreta volontà del premier di far “saltare” le annunciate 100 mila stabilizzazioni, scaricando la colpa sugli avversari”.

Pittoni è critico anche sulla scelta, contenuta nel ddl, di attuare le immissioni in ruolo assorbendo candidati dalle GaE: “invece che premiare gli insegnanti più formati ed esperti che così rischiano a decine di migliaia di restare a casa, si preoccupa di svuotare (peraltro senza riuscirci) una singola graduatoria”.

 

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Il leghista rispedisce poi al mittente gli albi territoriali, bollati come “inaccettabili”, perché rappresentano “la rinuncia a criteri oggettivi per scegliere chi può insegnare, oltre che per l’assegnazione dei premi. Affidandosi all’umore dei presidi si apre la strada a clientele e “interferenze” malavitose, trasferendo alla scuola problemi di cui già soffre l’università”.

L’ultima richiesta è quella di introdurre dei trasferimenti più snelli degli attuali, rivolto agli attuali docenti di ruolo, attraverso “un piano straordinario di mobilità: avvicinare gli insegnanti al luogo d’origine, non può infatti che avere ricadute positive su efficienza e costi del servizio. Il Governo si è reso disponibile per il 2016/2017, ma – conclude Pittoni – un piano del genere per funzionare va attivato prima che le nuove assunzioni ingessino il sistema per almeno tre anni”.

 

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